Nessun intervento concreto, nessuna pietà. Anzi, una maestra, pur sapendo delle violenze domestiche che subiva il suo alunno, come la sorellina Noemi, lo chiamava 'scimmietella' solo perché quel bambino maltrattato che non parlava, si buttava sempre a terra per il disagio e il trauma del suo vissuto. Le educatrici non avrebbero fatto nulla: sono gravi le accuse della Procura di Napoli Nord che ha ordinato intercettazioni telefoniche, mandate in onda nel corso dell'ultima puntata della trasmissione televisiva 'Chi l'ha visto?', nei confronti delle maestre di Giuseppe Dentice, il bambino di sette anni ucciso lo scorso 27 gennaio a Cardito, paese in provincia di Napoli, dal patrigno Tony Essoubti Badre, 24 anni.
Il caso che ha sconvolto e indignato l'Italia, però è tutt'altro che chiuso: oltre al patrigno, ora recluso, e alla madre dei bambini, Valentina Casa, dalla scorsa settimana in custodia cautelare in carcere, nel mirino degli inquirenti ci sono anche le insegnanti dell'istituto comprensivo Quasimodo di Crispano, provincia di Napoli, frequentato dai bambini. Dalla Procura non trapelano indiscrezioni, ma non si esclude che qualcuno dell'istituzione scolastica, potrebbe essere iscritto nel registro degli indagati.
Intercettazioni, le maestre sapevano e non hanno denunciato
Spesso Giuseppe e sua sorella Noemi, la primogenita di otto anni miracolosamente sopravvissuta il 27 gennaio al pestaggio di Tony Essoubti Badre, arrivavano nelle rispettive classi nella suola elementare Quasimondo con evidenti lividi, ferite, persino con i volti tumefatti.
Le violenze domestiche, anche con il manico di una scopa, non sono avvenute solo la tragica domenica in cui Giuseppe è morto per le ferite riportate. Come accertato dalle indagini, erano frequenti, e i bambini, sporchi e trascurati, ne portavano i segni: eppure la Scuola che frequentavano non avrebbe mai allertato forze dell'ordine e servizi sociali.
Dalle parole delle due maestre di Giuseppe, intercettate subito dopo la morte del bambino, emerge un quadro di realtà allarmante. In una telefonata, le insegnanti si mostrano preoccupate di essere interrogate. Ma, se una dice che non sarebbe stato possibile fare nulla per salvarte Giuseppe, l'altra dichiara: "Non è che non si poteva fare niente, non abbiamo fatto niente".
Le stesse maestre, sono state intercettate nella sala d'aspetto del commissariato di polizia in attesa di essere sentite: in quel contesto, avrebbero concordato cosa dire e l'atteggiamento sicuro da mostrare agli inquirenti, come evidenzia il gip Antonella Terzi nell'ordinanza di custodia cautelare nei confronti della madre dei bambini.
Invece le maestre di Noemi, si sarebbero decise a segnalare alla dirigente scolastica le violenze subite dalla bambina, evidenti da novembre, quando ormai era tardi. Cioè solo il 18 gennaio, quando Noemi era arrivata in classe con una profonda ferita a un orecchio, addirittura con un pezzetto mancante. La segnalazione rimase ferma negli uffici della dirigenza per dieci giorni, per poi essere trovata dagli inquirenti dopo la tragedia, e una maestra di Noemi in una telefonata intercettata, definisce l'accaduto, una morte amnnunciata.
La posizione della preside è al vaglio degli inquirenti. Il gip parla di 'colpevole negligenza', mentre il ministro dell'Istruzione, Marco Bussetti, ha inviato ispettori a scuola.
Le sconvolgenti parole della piccola Noemi
Più di tutto, sconvolgono le parole di Noemi, sopravvissuta alla furia del suo patrigno. Nelle parole della bimba che si trova ancora in ospedale, ci sono tutto l'orrore e il trauma che porterà a vita. Noemi, con impressionante lucidità, ha raccontato al pm che 'papà Tony' picchiava sempre sia lei che il fratello.
Il 27 gennaio, si era accanito contro Giuseppe: "gli ha dato la mazza della scopa dietro la schiena e gli ha fatto tanto male, e ho pensato che morisse", come poi purtroppo è stato.
Giuseppe era stato sbattuto contro il muro per punizione, lei invece spinta con la testa sotto l'acqua mentre "mamma non faceva niente".
Non sa che sua madre dalla quale non vuole tornare, si trova in carcere perché accusata con il patrigno dell'omicidio del fratellino e di tentato omicidio verso di lei, delitti aggravati dalla crudeltà. Noemi ripeteva alle maestre che venivano sempre picchiati. Le educatrici avrebbero risposto facendo finta di nulla.