Il genocido del Ruanda è uno dei massacri più sanguinosi della storia del XX secolo. Una crudele mattanza compiuta dalle milizie di etnia Hutu, i quali uccisero oltre 800.000 Tutsi, utilizzando soprattutto armi da fuoco e machete. Una vicenda tremenda che a 25 anni dall'accaduto torna ancora nella memoria dei sopravvissuti.

Nella Giornata dedicata alle vittime del genocidio del Ruanda, l'Unione Europea ha voluto ricordare che davanti a tali fatti, non bisogna voltarsi dall'altra parte, ma intervenire attivamente. Eppure, nonostante l'alto numero di morti, il massacro dei Tutsi a volte sembra essere solo un ricordo vano.

La cronaca dell'orrore

Per comprendere le cause che portarono al genocidio del Ruanda, occorre fare un salto nel tempo fino al dominio coloniale avvenuto nel Paese a opera della Germania e del Belgio. In quel tempo, i Tutsi rappresentavano l'aristocrazia della società: possedevano territori, gestivano il potere politico e religioso.

Per certi versi, i belgi iniziarono a far evidenziare le differenze tra Tutsi e Hutu. Tensioni che sfociare nella rivolta degli Hutu contro la monarchia Tutsi e in seguito si arrivò alla guerra civile nel Paese.

Forti del potere nelle loro mani e del fatto che costituivano la maggior parte della popolazione, i Tutsi decisero di punire i loro rivali. Così il 6 aprile 1994 iniziarono i massacri contro gli Hutu in tutto il Ruanda.

Per 100 giorni vennero uccise migliaia di persone in modo pianificato e capillare. Fra le vittime vi furono anche Tutsi ritenuti "moderati".

Le stragi non avvenivano con l'utilizzo di bombe, bensì con armi da fuoco, con bastoni chiodati e in particolare coi machete. Ovvero un'arma da taglio con una lama che può arrivare alla lunghezza di 60 cm, dallo spessore di 2 millimetri: un oggetto capace di lacerare persino le ossa umane.

Il più macabro dei massacri si ebbe a Gikongoro, sede dell'istituto tecnico di Murabi. Qui oltre 27.000 persone furono uccise senza pietà e il loro sangue fu utilizzato per inumidire il terreno. Per comprendere la gravità del genocidio ruandese, basta pensare che mediamente ogni giorno morivano circa 8.000 persone, cioè vi furono di fatto 5 vite spezzate al minuto.

Il massacro dimenticato

Nonostante la gravità della situazione in Ruanda, l'Occidente nei primi giorni sembrava manifestare una totale indifferenza verso tali vicende. Un atteggiamento che assunse anche l'ONU, negando inizialmente qualsiasi aiuto al Paese. Soltanto il 21 aprile 1994 decise di inviare un residuo contingente di pace.

Il 15 maggio Papa Giovanni Paolo II chiede alle popolazioni del Ruanda di porre fine al massacro. Eppure, per la prima volta si parlerà di "atti di genocidio" soltanto nel 19 giugno, dopo 2 mesi di massacri ruandesi e di silenzio occidentale.

Oggi, il Ruanda non ha dimenticato la mattanza di quei giorni e pian piano cerca di andare avanti. Durante la commemorazione in occasione del 25° anniversario del genocidio, l'Alto rappresentante Ue Federica Mogherini, a nome dell'Unione europea, ha parlato del Ruanda come un Paese che mira alla riconciliazione nazionale e a cui anche gli Stati Occidentali devono manifestare appieno il loro appoggio.