Vincenzo Scarantino, teoricamente coinvolto nella strage di Via d'Amelio in cui perse la vita Paolo Borsellino e la sua scorta, rivela a distanza di anni di non aver mai avuto a che fare con la vicenda. Quando fu arrestato, dichiara che finse di pentirsi poiché ogni giorno lo picchiavano e gli facevano mangiare vermi nella minestra. Per quieto vivere, perciò, ammise di aver preso parte alla strage, ma ora dichiara al contrario che è "colpevole di essere innocente".
'Sono colpevole di essere innocente'
A distanza di tanti anni la strage in Via D'Amelio in cui perse la vita Borsellino rivela ancora retroscena e misteri stupefacenti.
Adesso è la volta di Vincenzo Scarantino che, al processo riguardante appunto il depistaggio avvenuto intorno alla vicenda, afferma di essere stato una vittima sacrificale, utile per confondere le indagini. Dichiara quindi senza mezzi termini di essere "colpevole di essere innocente".
Scarantino al tempo era un picciotto della Guadagna di Palermo. Al tempo "decise" di collaborare, ma dalle informazioni emerse dalle sue ritrattazioni, sembra essere stato praticamente costretto a farlo. Lui era nel carcere di Venezia, nell'ottobre 1992, e lì conobbe Vincenzo Pipino. Quest'ultimo lo aiutava a scrivere lettere per la moglie. A detta di Scarantino, alcuni giorni dopo un altro detenuto gli rivelò che Pipino era in realtà uno "spione" dell'ex capo della Squadra mobile Arnaldo La Barbera (alla testa del gruppo Falcone e Borsellino, al cui interno lavoravano Mario Bo, Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo, poliziotti ora imputati al processo).
Secondo Scarantino, comunque, dopo un po' di tempo Pipino comprese che lui non c'entrava niente con la strage, e dunque gli disse di ripetere agli inquirenti che era "colpevole di essere innocente".
'Mi picchiavano e mi facevano mangiare vermi e mosche'
Sempre La Barbera iniziò con il passare del tempo a dirgli che era "Buscetta Junior", ma Scarantino spiega che non valeva "neanche un capello di Buscetta", dal momento che lui era l'ultima ruota del carro: rubava e vendeva sigarette di contrabbando.
Nonostante fosse insomma un criminale di basso livello, nel 1994 Scarantino confessò di aver preso parte alla strage di Via d'Amelio. Ora, però, rivela che lo fece solo perché non poteva più andare avanti. Gli agenti, secondo la sua testimonianza, lo umiliarono per mesi interi, picchiandolo sulle parti intime e prendendolo a calci.
Racconta anche che gli fecero mangiare i vermi utilizzati per pescare, che gli urinavano nella minestra e che gli mettevano mosche nella pasta. Dopo un periodo lunghissimo di "terrorismo psicologico", Scarantino racconta quindi che, per quieto vivere, decise di fingere la parte del pentito, e "confessò".
Fiammetta Borsellino, figlia del magistrato Paolo Borsellino, dichiara che tutto ciò "è inammissibile". Nel 2019 si sta ancora parlando di Scarantino e "i pm sono qui, con la loro bella faccia, è semplicemente inammissibile”. Conclude quindi affermando che non sente di dover dire nulla ai tre poliziotti imputati nel processo, e che semmai dovrebbero essere loro a dover cominciare a fare qualche rivelazione su quegli anni e sulle ragioni di quello che fecero.