All'interno di un programma più vasto della Commissione Antimafia è stato desecretato moltissimo materiale degli atti che vanno dal 1963 al 2001. A risaltare subito sono stati alcuni audio di Paolo Borsellino, che tra il 1984 e il 1988 si lamentava della grave carenza di macchine blindate per le scorte e di inspiegabili mancanze all'interno delle indagini.
La desecretazione degli audio
Tutto il materiale desecretato è stato inserito in un sito web sul portale del Parlamento. Il presidente della Commissione Antimafia Nicola Morra (M5S) ha spiegato che in questo modo si dà soprattutto un forte segnale di democratizzazione del paese.
Alla vigilia del 27° anniversario della Strage di Via D'Amelio, risalta in particolare un audio dello stesso Paolo Borsellino. Lamentava il fatto che non vi fossero sufficienti macchine blindate nel pomeriggio, e ciò significava che i magistrati che al mattino si muovevano sotto scorta, nella seconda parte della giornata invece non avevano alcuna protezione. Commentava quindi con preoccupazione: "non capisco che senso abbia farmi perdere la libertà la mattina per poi essere libero di essere ucciso la sera".
I mancati pedinamenti al fratello di Riina
Anche altri punti però sono molto rilevanti. In una deposizione del 1988 dello stesso Borsellino, lui racconta di quando era ancora procuratore a Marsala.
Allora si raggiungevano situazioni incredibili, al punto che non c'era neanche una volante disponibile per pattugliare di notte la città. In poche parole, in una città di ben 100mila abitanti non c'era una sola auto, né di Polizia né dei Carabinieri, che potesse garantire una copertura per tutte le 24 ore. Al che Borsellino propose addirittura di dimezzarsi la scorta per assegnare quegli agenti a una volante.
A ciò aggiungeva la sua convinzione che proprio a Marsala si fosse creato una sorta di "santuario" delle cosche. Infatti si chiedeva perché i capi di Cosa Nostra, Bernardo Provenzano e Salvatore Riina, avevessero parenti e proprietà in quelle zone. E il fratello di Riina in particolare, che abitava a Mazara del Vallo, andava ogni settimana a Corleone.
Questo, pur essendo risaputo, non aveva mai fatto avviare dei pedinamenti. Borsellino conclude quindi dichiarando che lui trovò semplicemente l'esigenza di fare ciò.
Sulla questione invece di un presunto "terzo livello", cioè di un centro di comando politico e affaristico del sistema mafioso, Borsellino affermò che non credeva esistesse. Dopo 8 anni di indagini con Giovanni Falcone, non aveva mai trovato prove di una tale struttura. Ciò che invece era emerso era una contiguità tra mafia e politica soprattutto in ambito di favori elettorali, da cui poi guadagnare.