Sono passati sette anni dalla scomparsa di Roberta Ragusa e arriva un verdetto importante che conferma la condanna nei confronti di Antonio Logli, marito della vittima. E' ancora vivo il ricordo della notte compresa tra il 12 e 13 gennaio del 2012, il giorno in cui la donna sparisce in pigiama dalla casa di Gello, in provincia di Pisa. La polizia ha subito avviato delle indagini intorno alla figura del marito della donna, Antonio Logli, che dà una propria versione dei fatti parlando di un allontanamento volontario della moglie dall'abitazione.

La versione dei fatti raccontata da Antonio Logli riguardo alla morte della moglie

La condanna a vent'anni dimostra la massima colpevolezza di Logli e si deve ricordare che le indagini hanno avuto una svolta nel 2014. In quell'anno il pm Aldo Mantovani ha contestato all'imputato due reati e la ricostruzione degli inquirenti si è rivelata impeccabile. La Ragusa viene uccisa alla fine di un litigio in quanto la donna scopre che il marito ha un'amante di vent'anni più giovane e sarebbe la baby sitter dei figli dei due coniugi. La vittima scappa in pigiama ma viene raggiunta dal marito per poi essere aggredita e uccisa dall'uomo. Logli, però, racconta di essersi addormentato prima della mezzanotte e la mattina seguente si è accorto della scomparsa della consorte.

La decisione finale della Cassazione

La Cassazione è giunta al termine di questa vicenda processuale e ha confermato la condanna a vent'anni per quanto riguarda l'omicidio della Ragusa, senza dimenticare la distruzione del suo cadavere. Il motivo è dovuto al fatto che la Suprema Corte ha giudicato inammissibile il ricorso per quanto concerne la difesa della persona imputata.

Si è giunti alla decisione finale dopo il primo verdetto emesso nella giornata del 14 maggio 2018 dalla Corte di Firenze.

I giudici si sono riuniti in camera di consiglio

Sono passate alcune ore e, alle cinque del pomeriggio di ieri, i giudici sono stati pronti per riunirsi in camera di consiglio. Logli ha vissuto momenti di panico, come riferito dal suo avvocato, e ha atteso il responso della sentenza con la presenza della compagna e della figlia Alessia.

L'uomo si trovava in una camera d'affitto vicina all'ospedale di Cisanello, nella città di Pisa. Sono state rivelate le prime parole raccontate dall'imputato che ha affermato: "Sono disperato". Tale questione si è conclusa dopo anni caratterizzati dai dubbi, ma questa decisione non fa una piega, confermando la colpevolezza di Logli. Il procuratore generale della Cassazione, Luigi Birrittieri nel corso della requisitoria ha fatto una richiesta chiedendo di porre fine al processo.