Una bruttissima esperienza ha coinvolto Filippo Roma delle Iene ed il suo fedele collaboratore Filippo Airoli. I due sono infatti stati trattenuti a forza per oltre due ore all'interno dell'Ambasciata della Costa d'Avorio, in via Guglielmo Saliceto, sita nella capitale italiana. Il giornalista ed il suo operatore stavano conducendo un'inchiesta sulle imposte non pagate relative alla spazzatura.

L'inchiesta delle Iene nelle ambasciate

Prima di recarsi all'Ambasciata ivoriana, i due uomini delle Iene avevano visitato altre rappresentanze diplomatiche, sempre alla scopo di verificare l'avvenuto pagamento della Tari: l'ambasciata di Svezia, quella americana presso la Santa Sede, quella del Sudan, dell'Egitto, ma sono stati accolti solo dagli impiegati egiziani (la vigilanza, in tutti gli altri casi ha negato loro l'accesso) i quali hanno spiegato serenamente che l'Ama (Azienda Municipale Ambiente) non ha mai mandato i bollettini: da parte propria, l'ambasciata stessa ha sottolineato che sarebbe pronta a pagare immediatamente il dovuto, previa ricezione della documentazione relativa allo smaltimento dei rifiuti.

La tassa rifiuti è motivo di 'sequestro'

Al momento dei fatti, Filippo Roma stava cercando di intercettare l'ambasciatore ivoriano per chiedergli delucidazioni in merito ad una dimenticata corresponsione della Tari. È scattata, immediatamente, da parte della security un'operazione di esproprio delle telecamere, delle schede e dei microfoni dei due uomini che sono poi stati bloccati contro la loro volontà all'interno della struttura. Gli agenti di polizia appartenenti allo stato africano hanno, inoltre, effettuato brusche perquisizioni per riuscire a sottrarre addirittura i cellulari personali di Roma e Airoli.

Queste violente azioni di confisca sono state motivate, secondo gli ivoriani, dall'ingresso non autorizzato in un altro stato, con relativa violazione della privacy.

Sul mancato pagamento della tassa dei rifiuti, la Costa d'Avorio ha sostenuto di aver estinto le pendenze, ma non ha fornito i bollettini a prova dell'avvenuto inoltro del tutto.

Le forze dell'ordine italiane, allertate, hanno preso a piantonare l'entrata dell'edificio senza tuttavia possibilità di fare irruzione all'interno perché il territorio non è di competenza dello stato italiano, pur occupandone il suolo.

La tensione si è stemperata solo grazie all'interessamento della Farnesina che ha contattato l'ambasciata.

Solo allora è stato permesso agli uomini del comando di Roma centro di entrare ed avviare una trattativa diplomatica complessa e difficoltosa per poter liberare i due cittadini italiani, prigionieri in 'terra straniera'. Grazie all'abilità del comandante Valletta, Roma ed Airoli sono così potuti tornare a casa.