Coronavirus: se si sta diffondendo rapidamente, la 'colpa' sarebbe del segreto di Stato cinese. Le autorità avrebbero nascosto ai cittadini l'esistenza del '2019-nCoV' addirittura fino a pochi giorni fa. Le informazioni avrebbero viaggiato su due binari. Da una parte, quelle in uscita, riservate all'Occidente, per convenienze diplomatiche, affaristiche, economico-finanziarie e responsabilità agli occhi del mondo. E così, l'Oms, l'Organizzazione Mondiale della Sanità, è stata avvisata dell'esistenza del virus lo scorso 31 dicembre. Dall'altra, quelle riservate a una popolazione sterminata: secondo il 'New York Times', i cittadini sarebbero stati tenuti all'oscuro del virus fino a pochi giorni fa attraverso la censura dei media e della Rete, controllati dal governo di Pechino.

Mentre si fa strada questa versione dei fatti, secondo alcuni commentatori convalidata da testimonianze e fughe di notizie, i contagi sono saliti a 11943 casi, i morti hanno superato la cifra di 300 e il coronavirus è arrivato a Roma: una coppia di turisti cinesi è ricoverata allo Spallanzani.

Coronavirus, la 'bugia' del regime autoritario di Xi Jinping

Un'inchiesta del 'New York Time' sostiene che il caso del coronavirus sia emblematico: avrebbe fatto affiorare menzogne di Stato e debolezze di un Paese come la Cina che, se da una parte vuole dare l'immagine al mondo di modernità tecnologica dall'altra, invece, è contraddistinta da un arretrato sistema autoritario per il quale un'epidemia è un segreto di Stato.

I primi sintomi di infezione da coronavirus si sarebbero manifestati il 1° dicembre nella città di Wuhan e l'allerta sarebbe stata data dai medici. Ma il presidente Xi avrebbe preferito bloccare le informazioni piuttosto che fermare sul nascere l'epidemia. Un medico che avrebbe informato i cittadini sulla piattaforma Wechat sarebbe stato richiamato dal partito comunista e costretto ad ammettere di aver commesso un errore.

Altri otto medici sarebbero stati arrestati per diffusione di voci non confermate

Il 31 dicembre, la Cina ha informato l'Organizzazione Mondiale della Sanità che ora parla di emergenza globale. Nel frattempo, però, il governo cinese avrebbe tenuto all'oscuro del pericolo i propri cittadini facendo credere di aver circoscritto l'epidemia polmonare a Wuhan.

A metà dicembre, sarebbe stata ben chiara la diffusione del coronavirus, ma l'allarme è stato lanciato solo un mese dopo. Il governo autoritario di Xi avrebbe trascinato la Cina indietro in termini di diritti civili e libertà, schiacciando media, informazione, organizzazioni non governative. Dopo la Sars del 2002-2003, Pechino ha gestito male il virus della peste suina che nel 2018 ha devastato l'industria cinese del maiale e ucciso quasi un quarto dei maiali del mondo. Avendo insabbiato l'epidemia nelle prime fasi negli ospedali, costretti all'emergenza sanitaria, mancano kit di depistaggio, mascherine e indumenti di protezione.

Coronavirus, il caso del sindaco di Wuhan

Il sindaco di Wuhan, Zhou Xianwang, ha dichiarato in un'intervista concessa alla tv cinese di non essere stato autorizzato dai vertici a parlare del virus fino alla fine di dicembre.

Nel frattempo, però, le persone hanno continuato a viaggiare da e verso Wuhan senza alcuna cautela. Cinque milioni di individui hanno lasciato la città che si trova nel centro della Cina per festeggiare il Capodanno cinese. Avrebbero trasportato il virus nel resto del Paese e fuori.

L'autore dell'articolo, Nicholas Kristof, vincitore di due premi Pulitzer, sostiene che l'ammirazione di alcuni americani per il modello autoritario di Xi Jinping sarebbe fuori luogo. Solo sei giorni fa, il Presidente del Dragone ha ammesso che la situazione è grave. Ora nella città da 11 milioni di abitanti in quarantena stanno costruendo in tempi record un ospedale che dovrebbe contenere 1000 letti e al contempo un altro ancora più grande.

Ci sarebbe il coprifuoco come in altre città della provincia di Hubei, focolaio dell'infezione. Lunedì, circa 80 italiani dovrebbero far ritorno da Wuhan per poi essere messi in quarantena.

Coronavirus, conseguenze economiche

L'epidemia sta già presentando il conto economico alla Cina che per la prima volta negli ultimi 30 anni è in una situazione di massima debolezza: il Paese in cerca di un consolidamento produttivo ed industriale, ha appena concluso una tregua commerciale con gli Usa. C'è il blocco di di tutti i trasporti pubblici a lunga percorrenza a Wuhan, Pechino, Tianjin, Xi’an e nella provincia di Shandong, come a Wuhan diventata una città fantasma con 500 industrie chiuse. Molti Paesi, a cominciare dall'Italia, hanno imposto lo stop a voli in partenza e in arrivo dalla Cina con ripercussioni pesanti sulle compagnie aeree nazionali.

Alcuni marchi quali McDonald's, Starbucks, Ikea, hanno chiuso i punti vendita perché non diventino luoghi di contagio. Toyota ha fermato la produzione negli stabilimenti cinesi. Disney, invece, ha chiuso il suo Resort a Shanghai, che accoglie ogni anno circa 12 milioni di visitatori. Le borse asiatiche vanno giù, ma il colpo è duro anche per il mercato del lusso e per il turismo. E potrebbe non essere che l'inizio.