Di coronavirus muoiono più uomini che donne. Da questo dato statistico sui decessi diversi gruppi di ricercatori in giro per il mondo hanno cercato di trovare una possibile spiegazione. Non esiste, ovviamente, una risposta unitaria e condivisa degli scienziati ma sono moltissime le ipotesi che si stanno studiando. Una di queste arriva da uno studio condotto negli Stati Uniti, al Montefiore Health System insieme all’Albert Einstein College of Medicine, in collaborazione con l’Ospedale di Malattie Infettive di Mumbai, in India. In questa ricerca, non ancora passata al vaglio e confermata dalla comunità scientifica, è stato ipotizzato che uno dei motivi che porterebbe gli uomini ad avere un maggior livello di mortalità, sarebbe da ricercarsi nell'organo riproduttivo maschile, più precisamente nei testicoli.

Come già detto, ma è meglio precisarlo, l'articolo, pubblicato sul sito MedRxiv, non è ancora stato sottoposto a peer-review, ovvero la "verifica da parte di pari", quindi da altri scienziati. Il che, nonostante redatto da ricercatori autorevoli, non lo rende scientificamente attendibile ma ancora in attesa di essere verificato.

Gli uomini avrebbero anche maggiore difficoltà a liberarsi dal virus rispetto alle donne

Senza entrare in dettagli tecnici, i testicoli, a differenza delle ovaie, produrrebbero una proteina chiamata ACE2, recettore al quale il famigerato virus si lega. Gli uomini avrebbero, in questa maniera, una "porta d'accesso" in più per il virus. I quattro scienziati che hanno elaborato lo studio sarebbero arrivati anche ad un'ulteriore constatazione, ovvero che il sesso maschile, rispetto a quello femminile, sembrerebbe liberarsi del virus in maniera molto più complicata.

Questo fatto darebbe una spiegazione della maggior gravità dei casi, per gli uomini. Altre ipotesi che sono state prese in considerazione sarebbero legate al sistema immunitario. Quello femminile, infatti, sembrerebbe difendersi in maniera più efficace dal virus. Lo studio si conclude affermando che 20 pazienti di sesso femminile, prese in esame, sarebbero guarite dal virus mediamente in 4 giorni, gli uomini, d'altro canto, hanno un tempo di guarigione che è mediamente sui 6 giorni, 2 in più insomma.

Il parere critico: i dati analizzati sono troppo pochi e la ricerca non indica quando una persona ha iniziato a essere infetta

Naturalmente non c'è unanimità in ambito scientifico su queste conclusioni e un endocrinologo dell'Università di Edimburgo, Ron Mitchell, avrebbe espresso molti dubbi su questa pubblicazione e sulle loro conclusioni.

Lo studio è infatti molto criticato visto che non è ancora passato, come già illustrato, dalla verifica dei pari, e quindi la comunità scientifica lo guarda, legittimamente, come quello che è: un'ipotesi. Inoltre, sempre per il professor Mitchell, i dati analizzati sarebbero troppo pochi e le conclusioni, al momento, solo ed esclusivamente teoriche. L'endocrinologo sottolinea che un altra falla nella ricerca riguarda la mancata esplicitazione della data di inizio contagio, rendendo quindi vano la stima della durata media dell'infezione. Infine, ma non trascurabile, sono stati messi sotto osservazione sia bambini che adulti, non considerando che le enormi differenze che si riscontrano tra i testicoli degli uni e degli altri.