Nelle ultime ore, su alcuni canali Telegram e collegati a presunti gruppi jihadisti, sono state commentate e condivise delle foto di Silvia Romano ritratta con un atteggiamento sorridente e con una tunica verde, condivisa dagli estremisti come segno della loro vittoria riguardo a questa storia. Si tratta di una scoperta molto particolare fatta dalla procura di Roma e dai carabinieri del Ros, che stanno indagando sul rapimento della giovane milanese, avvenuto circa 18 mesi fa in Africa. In questi giorni, infatti, si sta cercando di ricostruire i dettagli degli gli spostamenti della prigionia nelle mani di Al Shabaab, l’organizzazione terroristica responsabile del rapimento.

La conversione di Silvia potrebbe derivare dalla sindrome di Stoccolma

Il mostrare le foto di Silvia, da parte dei presunti jihadisti, su vari profili Telegram, sarebbe interpretabile come una strategia di propaganda. Fabio Tonacci e Giuliano Foschini, sulle pagine di Repubblica, infatti, hanno ricordato come, molto spesso, mostrare al mondo le immagini dei prigionieri che, tornati a casa, sono sorridenti e in buone condizioni, significa far credere ai seguaci e militanti islamici che la conversione al loro Dio sia garanzia di buona salute. Secondo gli inquirenti, che stanno indagando sul caso, capire il momento esatto e le modalità con cui è avvenuta la conversione all’Islam di Silvia è fondamentale per ricostruire il rapimento.

Bisogna capire se ci sono state costrizioni e pressioni psicologiche sulla sua adesione alla religione islamica. Secondo alcune fonti dell’ Aise, molto spesso le conversioni dei prigionieri si consolidano su tre moventi: il plagio, la convenienza e la sindrome di Stoccolma.

Silvia Romano sulla sua conversione: ‘L’ho fatto senza costrizioni’

Silvia, nel corso dei lunghi interrogatori, ha raccontato di essersi convertita in modo spontaneo. Durante la prigionia si è fatta portare dai rapinatori un Corano con la traduzione italiana, e ha ascoltato la loro cultura. Giorno dopo giorno, si è appassionata a questa religione fino ad aderirvi.

Si è scoperto che i carcerieri hanno fornito alla ragazza un computer senza connessione ad internet, in cui erano caricati solamente dei file volti ad esaltare la cultura araba-islamica. Stando a quanto si legge su Repubblica, gli psicologi non hanno motivo di dubitare della spontaneità delle parole di Silvia, in quanto non ha mai avuto timore di guardarli negli occhi e non evitava il contatto fisico con loro. Segno, questo, di spontaneità da parte della ragazza, che crede fermamente in ciò che afferma.