Nino Cartabellotta, medico e presidente del Gimbe, da ospite di Tagadà su La7, questo lunedì 18 maggio ha parlato di quella che potrebbe essere l'evoluzione del quadro epidemiologico legato al Coronavirus.
A suo avviso sarebbe stato opportuno ancora aspettare un paio di settimane prima di avviare una "fase 2" più spinta, quando si avrebbe avuto un primo vero quadro di ciò che è accaduto con la primissima fase di riaperture maturate il 4 maggio.
Cartabellotta riteneva 2 giugno data più adatta
La giornata del 2 giugno, secondo Cartabellotta, avrebbe rappresentato un termine più idoneo alla riapertura avutasi in data 18 maggio.
"Avremmo raggiunto, secondo i nostri modelli provvisionali, l'incremento giornaliero dei contagi dello 0,1%". Si tratta della percentuale con cui si è proceduti al definitivo allentamento delle restrizioni a Wuhan. Secondo Cartabellotta all'orizzonte ci sono anche problematiche legate all'osservazione del quadro epidemiologico."Quello che più mi preoccupa - rivela - è che, di fatto, non abbiamo strumenti di monitoraggio affidabili". Il riferimento va al fatto che la legge italiana prevede il decentramento della sanità rispetto al governo centrale. "Il comma 16 dell'articolo 2 - specifica - demanda completamente alle Regioni il delicatissimo compito di mediare tra la situazione epidemiologica e la gestione delle restrizioni delle misure".
E' noto, infatti, come ciascun governatore abbia la facoltà di restringere le misure qualora i numeri dovessero tornare preoccupanti. "Viene a mancare - specifica Cartabellotta - in maniera totale la funzione dello Stato nel monitoraggio sanitario che, in situazioni di epidemia, la Costituzione riporterebbe a competenza esclusiva statale".
Cartabellotta evidenzia i possibili problemi a partire dal 3 giugno
I modelli studiati dal Gimbe evidenziano come per capire l'impatto che hanno avuto le riaperture del 4 maggio si sarebbe dovuto aspettare fino ad oggi 18 maggio. "Sono - evidenzia Cartabellotta - dati ufficiali sia della scienza e i tempi complessivi che servono in Italia da quando viene richiesto un tampone a quando si ha il risultato".
Il riferimento riguarda i tempi medi necessari affinché un infettato arrivi a manifestare l'insorgenza dei sintomi a cui aggiungono quelli necessari per ottenere il responso dell'accertamento diagnostico. "Soltanto da oggi 18 maggio - afferma Cartabellotta - cominciamo a contare gli effetti dell'allentamento del 4 e quelli del 18 li cominceremo a vedere il 3 giugno, quando riapriranno i confini interregionali e internazionali". A quel punto la situazione epidemiologica diventerebbe più difficile da gestire, per via del'impossibilità a contingentare eventuali focolai.
"Non avremo - evidenzia il medico - più nessuna possibilità di andare a vedere da dove vengono i contagi e con quali modalità si sono praticamente diffusi.
Questo è il motivo per cui riteniamo che il rischio non è affatto calcolato, per calcolare il rischio servono strumenti trasparenti condivisi con le regioni e messi a disposizione della comunità scientifica".