Maria Rita Gismondo torna a firmare un articolo su Il Fatto Quotidiano nell'ambito della rubrica sul Coronavirus. Si parla ancora di pandemia quindi, stavolta però, la virologa si è soffermata sui dati. In particolare ha sottolineato come quelli avuti in Italia abbiano connotati tali da arrivare a deduzioni che rischiano di essere contrastanti. Allo stesso modo la viriloga ha messo in rilievo come le statistiche non siano ancora definitive e non è detto che lo saranno mai.
Coronavirus: difficoltà nel conteggiare i morti da Covid-19
Tra i parametri che, al momento, dà l'impressione di poter essere maggiormente fallace c'è quello relativo ai morti. Da tempo è in atto la diatriba legata alle persone che muoiono "con il coronavirus" o "per il coronavirus". A ciò si aggiungono tanti uomini e donne che avrebbero perso la vita con sintomi compatibili con il Covid-19 senza che mai abbiano ricevuto un tampone o sia stata fatta loro un'autopsia. I dati risultano, perciò, potenzialmente soggetti a errori. In merito a ciò, come Maria Rita Gismondo sottolinea, la confusione fatta in relazione al termine "caso".
Un'etichetta riservata sia agli asintomatici che a coloro i quali sono finiti in ospedale.
Coronavirus: Gismondo confronta la letalità con gli altri Paesi
Una possibile analisi attendibile, secondo la virologa, sarebbe quella di rapportare i numeri ufficiali alle misure di contenimento adottate in ciascun Paese. In Italia, al 22 giugno, erano stati registrati 237.828 casi con 34.448 deceduti. La letalità stimata è del 14%. Il Bel Paese è stato quello con il lockdown più rigido. In Svezia dove la vita è continuata quasi come se nulla fosse si sono avuti 54.562 casi con 5041 decessi e letalità al 9,23%. L'Olanda che ha scelto restrizioni intermedie rispetto alle due realtà citate ha avuto 49.204 casi, 6074 morti stimate e letalità al 12,3%.
Ovviamente, considerata la diversa dimensione dei paesi, i parametri da prendere in considerazione sono solo le percentuali in relazione alle misure adottate.
C'è, però, un altro dato che Gismondo pone all'attenzione dei lettori. In Italia le morti da coronavirus hanno avuto un'età media di 80 anni, 85 per le donne e 79 per gli uomini. Oggi la speranza di vita in Italia, come la scienziata puntualizza, prima dell'avvento del Covid-19 era di 85,3 anni per le femmine e 81 per i maschi. "Qualsiasi commento personale - ha chiosato - oltre ad essere inutile, potrebbe provocare critiche, in ogni senso comprensibile". "Mi fermo qui - ha concluso - e invito a valutare facendo lo sforzo, non facile, di essere obiettivi".
Parole che segnalano l'intenzione della virologa di non sbilanciarsi, sebbene i numeri sembrino parlare chiaro. Da una parte c'è il fatto che il lockdown, stando alle percentuali, non sembra aver spostato gli equilibri rispetto alla letalità. Dall'altra c'è che il coronavirus non sembra aver cambiato i parametri dell'aspettativa di vita. E' oltremodo chiaro, però, che dentro i numeri c'è la drammaticità di chi ha vissuto l'emergenza sanitaria più grave della storia recente e ha dovuto piangere i suoi cari.