Ha da scontare ancora la sua pena, ma non in carcere, bensì con una misura diversa decisa dal magistrato del Tribunale di Napoli. Il nome è quello di Umberto Zampella, di 37 anni, originario della cittadina di San Marco Evangelista in provincia di Caserta, che è stato il destinatario di una pena detentiva più lieve rispetto alla reclusione carceraria a cui è stato sottoposto dopo la condanna, ossia è destinato agli arresti domiciliari nella cittadina di Formia, in provincia di Latina.
Le accuse che hanno portato Zampella agli arresti
Zampella, secondo quanto è risultato dalle indagini, in concorso con altre undici persone è stato giudicato colpevole del reato di estorsione con l'aggravante del metodo mafioso, un crimine commesso ai danni di un imprenditore che ha la sede della sua attività tra le province di Avellino e Benevento.
Il gip del tribunale di Napoli, Claudio Marcopido, ha accolto in modo favorevole l'istanza di scarcerazione presentata dall'avvocato di Zampella, Nello Sgambato, e ha disposto la sostituzione della misura cautelare a cui è stato sottoposto con quella degli arresti domiciliari nella cittadina del Sud Pontino dove le forze dell'ordine hanno l'onere di controllare che rispetti l'ordine della magistratura.
Zampella, secondo quanto è emerso dalle indagini condotte a suo carico che hanno portato l'affiliato alla criminalità organizzata a essere sottoposto al regime carcerario, si sarebbe recato a nome e per conto di un gruppo affiliato alla famiglia camorrista dei Pagnozzi dal titolare di una impresa avicola, e gli avrebbe sottoposto una richiesta estorsiva.
Dalle intercettazioni che sono state raccolte nel corso dell'indagine, una frase in particolare è risultata significativa: “Sono sette mesi che i compagni stanno aspettando e voi sapete dove andare … Ci dovete dare 100 mila euro”. È stata una richiesta di pizzo in piena regola, ma alla quale l'imprenditore ha rifiutato di ottemperare.
La ritorsione del gruppo criminale non si è fatta attendere: ci sono stati degli spari contro la serranda della sua attività e infine, per risultare ancora più convincente, c'è stata un'esplosione di un ordigno costruito in modo rudimentale creando dei danni alla macelleria del commerciante.
Gli altri accusati dell'estorsione
Gli altri undici accusati dell'estorsione che hanno collaborato con Zampella e che sono risultati essere tutti residenti in Campania, a loro volta sono stati chiamati a rispondere come responsabili dello stesso reato nelle modalità stabilite dalla magistratura, in quanto è stato accertato il loro coinvolgimento effettivo in questa circostanza.