"Abbiamo rinunciato alla semilibertà perché ci sono state difficoltà con la proposta lavorativa sottoposta al Tribunale di Sorveglianza. Il procedimento è stato chiuso e il tribunale si è pronunciato con il non luogo a provvedere alla luce della scelta del detenuto": lo ha dichiarato Francesca Carcinelli, l’avvocato di Francesco Schettino, ex comandante della Costa Concordia condannato a 16 anni di prigione in seguito al naufragio del 2012.

Schettino ha rinunciato alla richiesta di semilibertà, l’avvocato: 'Il mio assistito ha deciso di chiudere il procedimento'

"Era una questione molto delicata e ho voluto confrontarmi con lui in carcere per valutare la soluzione più opportuna. Alla fine, ha scelto di chiudere il procedimento perché non c'erano più le condizioni per proseguire", ha aggiunto ancora Carcinelli.

Il caso è emerso in seguito alla possibilità, palesatasi nelle scorse settimane proprio a vantaggio di Schettino, di poter impiegarsi presso la Fabbrica di San Pietro, occupandosi della digitalizzazione del patrimonio culturale in seno al progetto "Seconda Chance".

È stata la Santa Sede a mettere a punto un protocollo che permette ai detenuti a cui viene concessa la semilibertà di svolgere mansioni lavorative al di fuori delle strutture carcerarie, una possibilità studiata per potersi giocare le proprie chance di reinserimento in società.

Se la cosa fosse andata in porto, l’ex comandante della Concordia avrebbe potuto lavorare in orari diurni fuori dal carcere per poi rientrare la sera.

Proprio questioni logistiche avrebbero però indotto Schettino a dire alla fine di no. Qualora dovessero riproporsi in futuro certi requisiti, l’uomo potrebbe ripresentare domanda.

Il Naufragio della Costa Concordia è avvenuto nel gennaio 2012

Era la notte tra il 13 e il 14 gennaio 2012 quando la Nave da crociera Costa Concordia naufragò: nell’incidente persero la vita 32 persone ma un numero imprecisato di vittime si sarebbe potuto salvare se solo l’allora comandante avesse coordinato le operazioni di soccorso come da protocolli e regolamenti vigenti.

Schettino abbandonò invece l’imbarcazione e venne per tanto arrestato e accusato di omicidio colposo plurimo, lesioni colpose, naufragio colposo e abbandono della nave.

Tragicamente famosa è diventata la telefonata tra l’allora capitano della Capitaneria di Livorno, Gregorio De Falco, e Schettino stesso. Una comunicazione in cui De Falco intimava senza mezzi termini al comandante di tornare a bordo per coordinare le operazioni di salvataggio e offrire una fotografia certa e precisa di quale fosse lo stato delle cose in quei momenti.

Schettino è stato condannato a 16 anni di carcere in via definitiva il 13 maggio 2017, quando è stato tradotto nel carcere di Rebibbia, a Roma, per scontare la pena.