Due valigie con resti umani sono state trovate in un campo vicino al carcere di Sollicciano. La scoperta fatta alla periferia sud-ovest di Firenze, nel quartiere noto per la presenza dell'istituto di pena, è avvenuta in due momenti diversi. La prima valigia è stata rinvenuta da un agricoltore 74enne giovedì 10 dicembre, la seconda dai carabinieri ieri mattina.
Valigie con resti umani, un agricoltore ha dato l'allarme
Il caso di Cronaca Nera che sconvolge Firenze è iniziato giovedì sera quando un agricoltore ha dato l'allarme. Nel terreno di sua proprietà, posto tra la superstrada Firenze-Pisa-Livorno e il carcere di Sollicciano, ha trovato una grossa valigia, modello rigido.
Dopo averla aperta, ha visto l'osso di un gomito, quindi un tronco umano, avvolti da una sorta di telo. Il rinvenimento è stato del tutto casuale: l'agricoltore stava pulendo il campo, a ridosso di una recinzione, dalle erbacce che si erano accumulate a seguito delle piogge dei giorni precedenti, quando si è accorto del bagaglio. L'anziano, proprio a causa delle condizioni atmosferiche avverse, non era stato nel terreno nei giorni prima. La valigia potrebbe essere stata messa lì di recente.
Sono stati, invece, i carabinieri a scoprire l'indomani mattina la seconda valigia nello stesso campo, ma a circa settanta metri di distanza. I militari stavano perlustrando l'area perché sospettavano che il terreno potesse riservare altre sorprese.
E così è stato: la seconda valigia, in cui c'era anche una specie di giubbotto, conteneva altri resti umani. Potrebbero essere gli arti inferiori di uno stesso corpo, in migliore stato di conservazione. Quelli della prima valigia, erano in fase di saponificazione: processo che si verifica quando un corpo rimane a lungo in condizioni di elevata umidità e scarsità di ossigeno.
Al momento, è impossibile attribuire un'identità a quelle spoglie. Sarebbero di un uomo di età compresa tra i 40 e i 50 anni. Il Nucleo investigativo dei carabinieri di Firenze e la compagnia di Firenze Oltrarno, indagano per omicidio. Sono coordinati dal sostituto procuratore Ornella Galeotti, giunto sul posto con il medico legale.
Il sospetto degli inquirenti è che le due valigie possano essere state gettate da un'auto in transito lungo la superstrada che passa al confine del campo: si sarebbe fermata il tempo necessario per sbarazzarsi del carico compromettente. Altrimenti, le valigie potrebbero essere state scaricate in quel luogo da qualcuno che ha percorso in auto la strada vicinale che costeggia il carcere. Ipotesi meno convincente per gli investigatori.
Valigie ritrovate, autopsia e prelievo del Dna
Il sostituto procuratore Ornella Galeotti ha disposto l'autopsia dei resti umani trovati nelle due valigie che è stata eseguita nella mattinata di sabato 12 dicembre presso l'Istituto di Medicina Legale di Careggi. Altra operazione da compiere nel tentativo di risalire a un'identità sarà il prelievo del Dna.
Sembrerebbe che si tratti di un'unica vittima smembrata e divisa nelle due valigie, ma si tratta di un'ipotesi da confermare.
Dovranno essere analizzate le valigie in cui sono stati trovati i resti. Gli inquirenti stanno monitorando anche i database delle persone scomparse. Operazione tutt'altro che semplice: tanti i casi di scomparsa pressoché quotidiani, a fronte di una scarsità di indizi che al momento caratterizza il caso. I contenitori sono entrambi di bassa qualità, piuttosto anonimi, non fornirebbero alcuna indicazione utile alle indagini. Oltre alle valigie, nei successivi sopralluoghi non sarebbe emerso nessun altro elemento significativo.
Il precedente, il corpo di Pamela Mastropietro in due valigie
Il 29 gennaio 2018, la 18enne romana Pamela Mastropietro scappa dalla comunità per tossicodipendenti di Corridonia dove è ospite da tre mesi. Nella fuga, alla ricerca di una dose, porta con sé due valigie, di colore blu e rosso. Le stesse trovate due giorni dopo sul ciglio di una strada alla periferia di Macerata. Contengono i resti del suo corpo smembrato. A dare l'allarme è un passante.
Il 1° febbraio viene fermato il 29enne Innocent Oseghale, cittadino nigeriano, rifugiato in Italia senza permesso, segnalato per spaccio. Dopo un anno d'indagini, il 13 gennaio 2019 inizia il processo a carico del nigeriano. Deve rispondere di accuse pesantissime: violenza sessuale e omicidio, aggravati dall'aver agito contro una vittima in condizioni di inferiorità psichica e fisica, vilipendio, distruzione e occultamento di cadavere.
Vincenzo Marino, ex boss della 'Ndrangheta, riferisce da collaboratore di giustizia della confessione che Osenghale gli avrebbe fatto in carcere. Il processo si conclude con la condanna all'ergastolo di Oseghale e l'isolamento diurno per 18 mesi. Condanna confermata in Appello.