"Penso sia importante raccontare come sono andate veramente le cose". A parlare, ai microfoni di Fanpage.it è Federico Ciontoli, fratello 29enne di Martina, la fidanzata di Marco Vannini. Il giovane ritiene che la verità giudiziaria non corrisponda del tutto a quanto accaduto davvero nella sua abitazione di Ladispoli, sul litorale romano, la sera del 17 maggio 2015. Nei prossimi giorni, la Cassazione potrebbe mettere la parola fine su uno dei casi di Cronaca Nera che più ha colpito l'opinione pubblica degli ultimi anni. La Suprema Corte, infatti, si pronuncerà in merito al ricorso presentato dopo la sentenza d’appello bis da Antonio Ciontoli e dai suoi familiari.

Federico Ciontoli attende la decisione della Cassazione

Quando Marco Vannini, morì, Federico Ciontoli aveva 23 anni ed ora sta aspettando il giudizio degli "ermellini" che si pronunceranno il prossimo 3 maggio. "Se la Cassazione deciderà che io debba andare in carcere - ha dichiarato il giovane al quotidiano online diretto da Francesco Piccinini - ci andrò perché è giusto che sia così. Non voglio scappare dalle mie responsabilità". Tuttavia, il ragazzo, che anche sulla sua pagina Facebook, ha deciso di raccontare la sua versione dei fatti, non ritiene che i giudici abbiano ricostruito in maniera del tutto veritiera quanto accaduto la sera in cui è morto Marco Vannini. "Mi sembra tutto assurdo - ha spiegato - credo che sia importante dire come siano andate veramente le cose".

Stando a quanto ricostruito durante il lungo e complicato processo, la sera del 17 maggio, Marco Vannini, ventenne di Cerveteri (Roma) si trovava nella casa della fidanzata Martina a Ladispoli. Con loro c'erano anche i genitori Antonio e Maria ed il fratello della giovane, Federico, in compagnia della sua ragazza Viola. Mentre si trovava nella vasca da bagno, Marco, è stato raggiunto da un proiettile partito dalla pistola del suocero.

Fatale, secondo i giudici, sarebbe stato il grave ritardo nei soccorsi. Durante i 110 minuti trascorsi dal ferimento di Marco all'arrivo del 118, sempre secondo la magistratura, l'intera famiglia Ciontoli avrebbe messo in atto una serie di depistamenti. Anche per questo, la seconda Corte di Assise di Appello, lo scorso settembre, ha condannato Antonio Ciontoli a 14 anni di reclusione per "omicidio volontario con dolo eventuale" e a 9 anni e 4 mesi la moglie ed i due figli, Martina e Federico per "concorso anomalo in omicidio volontario".

La versione di Federico Ciontoli

Federico Ciontoli, davanti agli inquirenti, avrebbe detto di non aver riconosciuto il rumore di un colpo di pistola. Lo sparo, stando a quanto emerso nelle indagini, sarebbe stato sentito anche dai vicini. Come è possibile, dunque, che il giovane non si sia reso conto di nulla? Federico, in proposito, si è difeso sottolineando che non si sarebbe trattato di uno "sparo standard" in quanto a far fuoco sarebbe stata "un'arma maltenuta" con al suo interno dei proiettili risalenti al 1982. "Quando c'è stato lo sparo - ha poi ricordato - ero con Viola in camera mia: eravamo sul letto e stavamo vedendo un film". Quindi, ha aggiunto che la porta della stanza era chiusa e, per questo, non sembrava neppure che il rumore provenisse dall'interno della sua abitazione.

Tant'è che avrebbe deciso di alzarsi e di andare a vedere solo dopo aver udito un vociare provenire dal bagno.

Federico, nella sua lunga intervista ha anche parlato del suo rapporto con il padre Antonio sottolineando di non aver condiviso la sua decisione di presentare ricorso contro la condanna a 5 anni per omicidio colposo. "So che mio padre non voleva la morte di Marco - ha spiegato - però, secondo me, presentare ricorso è stato irrispettoso ed assurdo". Quindi, perentorio, ha concluso: "È giusto che lui paghi perché la vita di Marco è stata strappata a causa di uno stupido scherzo".