Silvia Aisha Romano, la cooperante italiana rapita in Somalia e rilasciata a maggio 2020 si è sposata secondo il rito islamico lo scorso ottobre, in un paesino dell'Emilia Romagna. A Campegine, per la precisione. Adesso insegna lingue straniere in una scuola per adulti. La notizia è emersa soltanto ora dopo un'intervista rilasciata al quotidiano La Stampa.

Il matrimonio a Campegine lo scorso ottobre

Il matrimonio è avvenuto a Campegine, in Emilia Romagna. Il ragazzo si chiama Paolo e anche lui ha scelto di convertirsi all'Islam. La religione dei rapitori di Silvia Aisha Romano.

Il nome Aisha è infatti dovuto alla conversione. A raccontare la vita della ragazza ad un anno di distanza è il quotidiano la Stampa. La coppia non vive più a Milano, Silvia ha lasciato la casa dei genitori al Casoretto per trasferirsi in provincia. Il suo lavoro adesso è quello di insegnare lingue straniere in una scuola per adulti. La notizia, dunque, è emersa soltanto a sette mesi di distanza, a conferma della volontà della coppia di restare più possibile nell'anonimato e condurre una vita lontana dai riflettori mediatici. Proprio in questi giorni ricorre il primo anniversario del ritorno a casa di Silvia Romano.

Il rapimento in Kenya a novembre 2018

La vita prosegue, e Silvia Aisha Romano (questo il nome scelto dalla ragazza) è andata avanti.

Era partita nel novembre del 2018 per una missione di volontariato in Kenya e poi il rapimento. Una notizia che ha tenuto con il fiato sospeso tutta Italia. Al tempo la ragazza, originaria di Milano, aveva 24 anni. Il 20 novembre 2018 il giorno del rapimento. Un anno e mezzo in mano ai sequestratori e la conversione all'Islam per Silvia Romano, cooperante internazionale.

Il suo rilascio nella notte tra l'8 e il 9 maggio 2020, quando l'Italia aveva appena superato il lockdown di marzo e aprile dovuto alla pandemia da coronavirus. L'atterraggio a Ciampino l'11 maggio e una ragazza che ha chiesto di essere lasciata in pace, fuori dal circo mediatico. Una vita tornata normale e il riavvicinamento con un suo amico d'infanzia.

La storia di Silvia Romano

Silvia era partita per il Kenya per partecipare a un progetto curato dalla onlus 'Africa Milele'. Faceva l'educatrice per i bambini del villaggio di Chakama, nella contea di Kilifi. Il rapimento, ad opera degli uomini legati ad Al-Quaeda era mirato ad ottenere soldi e armi per finanziare le proprie azioni militari. La cooperante, nelle dichiarazioni ha sempre sostenuto di stare bene e si essere stata trattata bene. La sua conversione, come affermato da lei stessa, non è stata obbligata, ma figlia di una sua libera decisione. Dal Kenya un lungo viaggio l'aveva portata fino in Somalia dove è rimasta fino al giorno del suo rilascio. Le trattative con il governo italiano sono iniziate nell'estate del 2019 per poi entrare nel vivo qualche mese dopo, a marzo del 2020.

Le operazioni sono state portate avanti anche grazie all'intervento della polizia locale di alcuni agenti turchi. Circa il riscatto che è stato pagato per liberarla, alcuni giornali al tempo, avevano parlato di quattro milioni di euro, ma questa notizia non è mai stata confermata dal governo italiano.