Continuano a giungere dettagli sul caso di Sara Pedri: dal 4 marzo non si hanno più notizie della ginecologa forlivese, mentre una serie di circostanze che sembrano collegare la sua scomparsa con la sua attività professionale. Dalle lettere recuperate dai carabinieri nella sua abitazione di Cles emergono nuovi particolari dello stato di profondo malessere e turbamento che le provocava l’esperienza lavorativa all’ospedale Santa Chiara di Trento.

La trentunenne è scomparsa subito dopo aver comunicato con un'email le sue dimissioni. Una decisione maturata dopo mesi di intensi turni di lavoro ma, soprattutto, per alcune umiliazioni che l’avrebbero destabilizzata al punto da farle perdere peso.

"L'esperienza a Trento ha generato soltanto un profondo stato d'ansia che ha finito col bloccarmi".

“Mi diceva: spero proprio di non svegliarmi più”, ha raccontato la sorella, Emanuela, con la quale Sara Pedri spesso si confidava. “Si sentiva discriminata perché si era formata al sud (Catanzaro) e in una circostanza una ginecologa le diede uno schiaffo sulle mani in sala operatoria e le disse di togliersi il camice perché era un’incapace”.

Nel frattempo l’azienda sanitaria trentina ha disposto il trasferimento del primario del reparto Ostetricia e Ginecologia S. T. e di una sua collaboratrice.

Sara Pedri chiamava 'sovrano illuminato' il suo responsabile

Continuano le ricerche di Sara Pedri, dopo che la sua auto è stata ritrovata vicino al ponte di Mostizzolo sul torrente Noce in Val di Non.

All’interno della vettura è stato rinvenuto anche il suo telefono cellulare. Dettagli allarmanti, anche perché la zona è tristemente nota per l’elevato numero di suicidi.

La ginecologa forlivese aveva iniziato la sua esperienza all’ospedale di Trento nel novembre del 2020 per presentare poi, dopo pochi mesi, le dimissioni all’azienda sanitaria con un’email inviata al suo responsabile, da lei definito ‘sovrano illuminato’.

Particolare che conferma il clima di sottomissione che la ginecologa respirava sul luogo di lavoro. “Sono partita con grande entusiasmo e non ho mai detto di no, nonostante progetti incivili e molteplici impegni”, aveva scritto Sara Pedri prima di scomparire, sottolineando che si era venuta a trovare in una situazione più grande di lei.

Un’esperienza formativa che si era trasformata insomma in un incubo, la ginecologa non aveva nascosto che le sue aspettative erano andate deluse e che aveva iniziato a dubitare della propria bravura: "I risultati ottenuti sono solo terrore", si legge in una delle lettere.

La sorella della ginecologa forlivese spiega che Sara aveva il viso scavato e lo sguardo spento

Le accuse di mobbing mosse dai congiunti di Sara Pedri hanno spinto l’azienda sanitaria trentina a istituire una commissione interna per far luce sul caso. A supporto delle accuse della ginecologa forlivese ci sono le testimonianze di alcuni professionisti, che confermerebbero turni massacranti, abusi di potere e minacce continue. Nel frattempo è stato disposto il trasferimento di S.

T., primario del reparto di Ostetricia e Ginecologia di Trento, e di una sua collaboratrice dal 12 luglio al fine di "tutelare la serenità delle pazienti e di tutti gli operatori coinvolti a salvaguardia del buon funzionamento del reparto".

"Non contestiamo la professionalità, ma la gestione delle risorse umane", ha spiegato la sorella di Sara in un'intervista concessa a Il Messaggero precisando che negli ultimi tempi la congiunta aveva il viso scavato e lo sguardo spento: "Il medico di base le ha fatto un certificato per calo ponderale per stress lavorativo".