Mobbing e molestie sul lavoro: la ginecologa Sara Pedri sarebbe stata vittima di un abuso di potere. Questa sarebbe la causa per cui la dottoressa 32enne di Forlì è svanita nel nulla il 4 marzo a Cles, in Trentino, dopo essersi dimessa dall'ospedale Santa Chiara di Trento. Per tre mesi, aveva lavorato nel reparto di Ginecologia e Ostetricia, ma quell'ambiente l'avrebbe annientata.

Ben 70 colleghe hanno chiesto di essere ascoltate dalla Commissione interna dell’Azienda sanitaria con le dovute tutele. Intanto, va avanti il lavoro della Procura che ha aperto un fascicolo senza notizie di reato.

I familiari chiedono verità su questo mistero. Finora non hanno dato esito le ricerche condotte vicino al ponte di Mostizzolo, al confine tra i comuni di Cis e di Cles, a circa 40 chilometri da Trento, dove è stata trovata l’auto di Sara abbandonata con il suo cellulare all’interno.

Sara Pedri, la lettera delle colleghe

Settanta ostetriche della sala parto e del reparto di ostetricia dell’ospedale Santa Chiara di Trento hanno scritto una lettera al direttore sanitario Antonio Ferro. Hanno chiesto di essere ascoltate su appuntamento. L'azienda aveva proposto incontri su base volontaria. Le professioniste, invece, vogliono poter essere ascoltate tutte, ritenendo la modalità su base volontaria poco tutelante.

Il reparto sarebbe stato noto per un sistema punitivo verso le dipendenti, umiliazioni, turni massacranti e una continua fuga di professionisti. Negli ultimi dieci anni, il turnover sarebbe stato elevato: 19 medici avrebbero lasciato il reparto. Tra loro, una ginecologa che era stata licenziata ma aveva vinto il ricorso: aveva inutilmente tentato di segnalare il problema, trovando davanti a sé un muro di gomma.

"Proposta accettata": telegrafica la risposta del direttore sanitario che non ha voluto rilasciare nessun commento a inchiesta in corso. Le audizioni sono state avviate da una commissione interna istituita dall'Azienda provinciale per i servizi sanitari di Trento dopo la denuncia da parte di ginecologhe e ostetriche che già avevano lavorato in quel reparto, di lavorare tra pressioni e minacce.

L'inchiesta interna prosegue e per non intralciare i lavori il primario Saverio Tateo ha concordato un periodo di ferie.

Il caso all'attenzione del ministro Speranza

Un'altra lettera è stata inviata da Roberta Venturella, professore associato di Ginecologia e dirigente medico presso l’unità operativa di Ginecologia e ostetricia dell’ospedale Magna Grecia di Catanzaro, al ministro della Salute, Roberto Speranza. La dottoressa per cinque anni è stata la tutor di Sara Pedri all'ospedale universitario. "Sara aveva tutte le competenze per intraprendere e gestire una carriera lavorativa", ha scritto Venturella al ministro a cui, a nome suo e di tutto il personale di Ginecologia e Ostetricia dell’azienda ospedaliera di Catanzaro, ha chiesto di intervenire affinché si accerti cosa sia realmente accaduto a Trento alla giovane ginecologa e, forse, ad altre prima di lei.

Al Santa Chiara di Trento, avrebbero fatto intendere alla ginecologa scomparsa di non essere preparata e lei, secondo quanto testimoniato dai familiari e dal fidanzato, si sarebbe sentita inadeguata.

Venturella ha riferito che nel 2019 erano state segnalate anomalie all'interno di quel reparto ma sarebbero state ignorate dall'Azienda sanitaria di Trento. Negli ultimi anni sarebbe stato diretto in maniera padronale con decine di medici vessati e umiliati. Ha auspicato che il ministero attivi una commissione esterna super partes.

Il caso è diventato anche politico: tra le diverse interrogazioni presentate in Parlamento, c'è quella di Donatella Conzatti, senatrice trentina di Italia Viva, che ha chiesto l’intervento, oltre che di Speranza, anche del ministro della Giustizia, Marta Cartabia, perché "si verifichino le effettive condizioni di lavoro in quel reparto e se vi siano responsabilità circa le cause che hanno condotto alla scomparsa della dottoressa Pedri".

Sara Pedri, la sorella chiede verità

La famiglia di Sara Pedri ha le stesse perplessità della dottoressa Venturella sulla commissione di indagine interna, ma spera che la mobilitazione mediatica e politica sul caso, faccia al più presto emergere la verità. In uno dei suoi ultimi messaggi vocali ai familiari, Sara aveva detto: "Qui ti schedano subito, pretendono che lavori solo".

La sorella Emanuela crede che Sara abbia potuto compiere un gesto estremo dopo aver subito abusi nel reparto in tutte le forme, fisiche e psichiche. Il lavoro l'avrebbe sfinita fino a deperire e a chiudersi in se stessa. Sarebbe stata discriminata anche per essersi specializzata in Calabria. "L'hanno completamente distrutta", ha detto Emanuela che sta portando avanti una battaglia per chi è vittima di mobbing.