Dottoressa giovane e motivata, nei pochi mesi trascorsi nel reparto di ginecologia dell'ospedale Santa Chiara di Trento, Sara Pedri era piombata in uno stato di angoscia e paura. In quel contesto lavorativo, avrebbe subito ogni giorno vessazioni.

Fogli scritti a penna prima della sua scomparsa lo scorso 4 marzo, pubblicati in esclusiva dal settimanale Giallo, raccontano malessere e senso di inadeguatezza. Condizione che aveva preso il posto della sicura e felice adesione a un lavoro vissuto dalla 31enne come una missione. Il ritrovamento della sua auto nei pressi del Ponte di Mostizzolo, vicino Cles, ha alimentato il timore che le umiliazioni subite, l'avrebbero spinta a togliersi la vita dopo essersi dimessa.

Ma di lei non c'è traccia.

Sara Pedri, cambiamento radicale

I carabinieri hanno trovato nell'abitazione di Sara Pedri a Cles degli scritti in cui la ginecologa si sfoga riferendo di una situazione più grande di lei, di un'esperienza che avrebbe dovuto essere formativa e invece l'ha resa ansiosa al punto da bloccarla completamente.

La donna scriveva di non essere nelle condizioni psichiche di poter continuare. Il dubbio e l'incertezza sembrano aver offuscato la tenacia e determinazione che in tanti riconoscevano in lei, al punto da averla soprannominata 'Red Bull' per la sua carica energetica. Arriva a pensare che la vita da ospedaliero non sia per tutti, sente di essere stata sfortunata, riferisce di aspettative deluse, di "molteplici imprevisti e progetti incivili" a cui comunque non si sarebbe sottratta, ammette di non essere riuscita a percorrere la strada che avrebbe voluto.

Arriva alla conclusione che: "Con la fretta e la frenesia non si impara, i risultati ottenuti sono solo terrore (...). So che mi comprometto, ma ho bisogno di aiuto".

Arrivata al reparto del Santa Chiara di Trento a novembre, già a marzo Sara Pedri aveva dato le dimissioni. A fine febbraio era andata a casa, a Forlì con un certificato di malattia in cui era attestata la significativa perdita di peso causata da stress lavorativo.

Tornata a lavoro, il 1 marzo era stata trasferita dall’ospedale di Trento a quello di Cles, cui sarebbe stata destinata fin dall'arrivo, ma nel frattempo si era dimessa. Lo aveva annunciato al fidanzato e alla sorella un giorno prima della scomparsa, il 3 marzo, commentando: "Mi sono tolta un peso".

Al primario dell'unità, S.

T., che l'avrebbe redarguita per la magrezza, da lei definito "un sovrano illuminato", aveva scritto una mail per annunciare le dimissioni. Mail ora all'attenzione degli ispettori inviati il 6 luglio dal ministro della Salute, Roberto Speranza, dopo che il caso di scomparsa si è tramutato, a seguito di interrogazioni parlamentari, in una questione politica. In quel reparto nel giro di due anni, ci sarebbe stato un turn over continuo di professionisti, che sarebbero talvolta stati messi nelle condizioni di andarsene.

La sorella: 'Umiliata e demansionata dopo le ferie'

La famiglia, ma soprattutto la sorella Emanuela, si sta battendo perché il giallo della scomparsa di Sara Pedri non sia più tale e si arrivi alla verità.

Per i familiari, Sara avrebbe subito numerosi episodi di mobbing, vere e proprie persecuzioni. Uno dei primi, il più eclatante, sarebbe avvenuto a dicembre: in sala operatoria, una ginecologa le avrebbe dato uno schiaffo sulle mani davanti a una paziente, le avrebbe detto di togliersi il camice perché era un'incapace.

La sorella ha riferito che quando Sara era stata male, pur avendo diritto a 15 giorni di congedo, era tornata a lavoro dopo una settimana per paura di perdere il posto e aveva scoperto di essere stata demansionata, pur essendo stata sempre ligia al dovere e accettando turni anche di 12 ore. L'ambiente di lavoro sarebbe stato sempre punitivo. Sara aveva raccontato ai familiari di aggressioni verbali continue, insulti e urla se usava uno strumento in modo diverso, pur lavorando bene.

Sarebbe stata anche discriminata per essersi formata presso l'università di Catanzaro. Alle crisi autosvalutative, si erano aggiunti il convincimento che fosse colpa sua e il terrore di andare a lavorare.

Per il primario trasferimento e cambio di ruolo

Dopo la scomparsa della dottoressa, l'azienda sanitaria trentina ha avviato un'inchiesta interna, giunta a conclusione, una volta raccolte 110 testimonianze e accertati "fatti oggettivi e una situazione critica nel reparto". Da domani, 12 luglio, il primario sarà trasferito, assieme a un'altra dirigente medica, ad altra struttura ospedaliera e diverso ruolo.

Per Nicodemo Gentile, legale della famiglia Pedri, si è trattato di un passo importante, ma è solo il primo. Intanto è al vaglio della Procura la copia forense del telefono trovato nell'auto di Sara Pedri.