Lo scorso 2 luglio si è spento a Parigi, all'età di 97 anni, Peter Brook, considerato uno dei maggiori registi teatrali del Novecento.
Nato a Londra nel 1925 da una famiglia lettone di piccoli negozianti, emigrati poi a Parigi per motivi politici, Brook si avvicina fin dalla giovane età alla letteratura, al Teatro e al cinema. Grazie al padre appassionato di viaggi, Peter riesce a studiare nelle più grandi capitali europee. A Oxford si laurea e si avvicina al mondo del teatro e del cinema.
Originale e innovativo interprete del teatro di Shakespeare (si pensi per esempio a Re Lear, 1962; La tempesta, 1968; Sogno di una notte di mezza estate, 1970; Antonio e Cleopatra, 1978) Brook si distinse per uno spiccato sperimentalismo ispirato al “ teatro della crudeltà ” di Antonin Artaud .
Il teatro: da Marat/Sade di Peter Weiss a Mahābhārata
Fra i lavori più importanti di Peter Brook si ricorda il Marat/Sade di Peter Weiss (1964), che vanta anche una trasposizione cinematografica (1966) diretta dallo stesso Brook, ma anche Orghast (1971), considerato da molti come il più prodigioso lavoro sulla voce mai realizzato in teatro, e, soprattutto, il Mahābhārata, uno spettacolo di nove ore basato sull'omonimo poema indiano.
Direttore della Royal Opera House di Londra (dal 1947 al 1950) e dal 1962 della Royal Shakespeare Company, Peter Brook fu anche acuto e finissimo teorico del teatro moderno.
Nel fondamentale "Il teatro e il suo spazio" (1968) egli distingue quattro diverse forme teatrali: il teatro mortale convenzionale, stereotipato e commerciale; il teatro sacro spirituale ispirato all'opera di Artaud e di Grotowsky; il teatro ruvido, una forma popolare che si identifica in tutto e per tutto con il teatro elisabettiano; e, infine, il teatro immediato, fluido, in continuo movimento, il quale è senza dubbio il tipo di teatro con quale il Brook si identifica meglio.
Regista anche al cinema
Tra i film per il cinema di Peter Brook si ricordano: "Moderato cantabile" (1960), "Re Lear" (1970), "La tragedia della Carmen" (1983), "La tragedia di Amleto" (2002) e, soprattutto "Il signore delle mosche", ispirato al fortunato e omonimo romanzo di William Golding, scritto nel 1952 e pubblicato nel 1954, che fu presentato in concorso al 16° Festival di Cannes.
Ha collaborato anche come protagonista di un'intervista a "Riccardo III - Un uomo, un re" , un documentario di Al Pacino del 1996.