Oggi 27 settembre è l'ultimo giorno del referendum nei territori ucraini di Lugansk e Donetsk e nelle regioni di Kherson e Zaporizhzhia finalizzato a decretare l'annessione di queste aree alla Federazione Russa. In queste regioni ucraine da mesi Mosca sta conducendo una guerra, dopo l'invasione del 24 febbraio.

Aspri i sentimenti di condanna e di denuncia da parte di Kiev e della stragrande maggioranza della comunità internazionale riguardanti l'illegalità delle modalità adottate dai militari russi per convincere la popolazione a presenziare alle votazioni, sostenuti dalla testimonianza del governatore di Lugansk Sergei Haidai e dai diversi filmati circolanti sulle principali piattaforme social i quali riporterebbero la presenza di seggi mobili e di soldati intenti ad aggirarsi tra le abitazioni civili per raccogliere voti casa per casa.

I referendum sono definiti illegali da quasi tutta la comunità internazionale per due motivi: si svolgono in zone occupate militarmente e perché non rispettano gli standard minimi stabiliti per garantire la regolarità di un processo elettorale.

Il portavoce del governo turco Ibrahim Kalin ha già riferito alla CNN Turk che la Turchia non riconoscerà l'esito del voto così come in passato ha disapprovato il referendum per la Crimea del 2014.

E mentre fonti vicine al Cremlino riportano un'affluenza alle urne superiore al 50%, numerosi sono gli osservatori stranieri giunti da differenti parti del mondo in occasione del referendum: anche in questo caso ci sono forti dubbi sulla loro indipendenza. Esperti citati da CNN sostengono che questi 'osservatori' siano in realtà "attivisti politici" non del tutto indipendenti.

Tra essi ci sono 13 italiani tra cui Gianfranco Vestuto, segretario di Lega sud e da anni attivo come imprenditore editoriale nella Federazione Russa ed Eliseo Bertolasi, ricercatore all'università Bicocca di Milano e opinionista per il sito di estrema destra e di posizioni filo-putiniane VisioneTV.

Un referendum annunciato: la questione dell'annessione dei territori occupati

Il referendum passato del 2014 sull'indipendenza della Crimea registrò una maggioranza favorevole all'annessione della penisola alla Federazione Russa, ma anche in quell'occasione le posizioni della comunità internazionale rimasero fortemente critiche sulla legittimità della votazione. Anche in quel caso - nel marzo del 2014 - la Russia aveva annesso la Crimea attraverso una guerra e l'occupazione della regione Ucraina, di fatto togliendola con la forza a Kiev.

Nel clima di tensione generale ancora una volta la storia si ripete, ma sull'altro versante la propaganda del Cremlino sostiene la regolarità dello svolgimento del plebiscito avvenuto nel rispetto delle norme internazionali e della Carta delle Nazioni Unite, cosa smentita dalla comunità internazionale.

Intanto gli episodi di violenza da parte dell'esercito russo non cennano a placarsi, nella città di Izyum le autorità hanno scoperto ed esumato 447 corpi, tra cui 5 bambini uccisi dai russi e gettati in fosse comuni, mentre nella Russia di Vladimir Putin continuano le proteste contro quella che, dal Cremlino, è stata definita "mobilitazione parziale": l'arruolamento di circa 300.000 riservisti da inviare in Ucraina. La decisione ha spinto migliaia di cittadini a lasciare il Paese.