I genitori hanno negato ai medici di un ospedale di Milano il consenso per far fare al figlio malato un tampone Covid indispensabile per poter proseguire le cure. Infatti il bimbo di quattro anni e mezzo è in pericolo di vita per una grave forma tumorale e necessita di una serie di terapie specializzate che possono essere fatte solo in un altro ospedale, ma per il trasferimento è necessario il test.
L’episodio si è verificato nella mattinata di venerdì 26 maggio: solo l’intervento tempestivo di un pm della procura del capoluogo lombardo ha consentito di risolvere il problema.
Data l’urgenza di ottenere l’autorizzazione al tampone, senza seguire le normali procedure che avrebbero richiesto tempi più lunghi, il magistrato ha usato la norma che consente il prelievo di campioni biologici per salvaguardare un’indagine. Come ha raccontato il Corriere della sera, il pm si è trovato quindi costretto ad aprire un fascicolo per il reato di tentato omicidio nei confronti dei genitori per poter dare il via libera al tampone per il piccolo.
La decisione di negare il test presa dalla coppia dopo che è stata diagnosticata al figlio la grave malattia
Tutto comincia quando una coppia italiana porta in un ospedale di Milano il figlio di quattro anni e mezzo che sta male. La diagnosi dei dottori è seria: il bambino è affetto da una forma molto grave di tumore che lo sta uccidendo rapidamente.
L’unica speranza per il bambino è quella di iniziare da subito una terapia avanzata che è attualmente praticata in un'altra struttura sanitaria, fuori città.
Tuttavia questo secondo centro ospedaliero, ospitando molti pazienti con basse difese immunitarie, richiede che i bambini da ricoverare arrivino nella struttura solo dopo aver fatto un tampone che escluda qualsiasi infezione da Coronavirus in corso.
A questo punto i genitori si rifiutano di dare il consenso per far fare il test al figlio.
Il pm ha dovuto prendere una decisione sul figlio della coppia in brevissimo tempo
I medici si sono così trovati davanti ai genitori che non solo hanno negato l’esistenza del Covid, ma si sono irremovibilmente opposti anche a un semplice tampone, che non avrebbe recato alcun danno al figlio.
A quel punto i dottori si sono appellati al magistrato di turno in procura. Il pm si è subito reso conto di come non ci fossero i tempi minimi per poter ottenere un ricovero in giornata: infatti la procedura prevede che in questi casi sia necessario un intervento del Tribunale dei minorenni che decide sulla responsabilità dei genitori. Sempre per ragioni di tempo non è stato possibile neanche applicare la legge del 2017 sulle “disposizioni anticipate di trattamento” che stabilisce come, in caso di disaccordo tra medici e i rappresentanti legali del minore, spetti al giudice tutelare prendere una decisione, dopo un ricorso del pm o dei dottori.
La scelta di indagare la coppia per consentire al figlio di fare il tampone
La procura sceglie un’altra strada che permetta di agire d’urgenza e tutelare la salute del bambino: si ricorre all’articolo 359-bis del codice di procedura penale che consente il “prelievo coattivo di campioni biologici” sui viventi, deciso dal pm nei casi in cui un ritardo potrebbe procurare un serio “pregiudizio alle indagini”.
Per autorizzare rapidamente il test Covid il pm di turno Nicola Rossato è quindi costretto a indagare i genitori del bambino, aprendo un fascicolo con l’ipotesi di reato di tentato omicidio del figlio. In seguito a questa decisione il magistrato firma un decreto d’urgenza in base al quale il piccolo è immediatamente sottoposto al tampone, risultato negativo, e portato nel secondo ospedale, dove inizia la terapia che potrebbe salvargli la vita.