L'ex capo di Cosa nostra Matteo Messina Denaro è morto il 25 settembre all'ospedale dell'Aquila, dove si trovava in uno stato di coma irreversibile da diversi giorni. 61 anni, conosciuto come il padrino di Castelvetrano, era stato catturato a Palermo il 16 gennaio 2023, dopo essere rimasto latitante per quasi tre decenni. La sua malattia, una forma avanzata di tumore al colon, aveva reso necessario il suo ricovero in ospedale il 20 settembre 2023.
La notizia della sua morte è stata confermata dalla Procura di Palermo, che ha ordinato l'autopsia per verificare le cause del decesso.
Il padrino di Castelvetrano
Matteo Messina Denaro, originario di Castelvetrano e nato il 26 aprile 1962, era il quarto dei sei figli di Francesco Messina Denaro e Lorenza Santangelo, entrambi legati al mondo della malavita. Smise di andare a scuola nel dicembre del 1982. Il suo unico titolo di studio è quindi il diploma di terza media.
Inizialmente, Messina Denaro lavorò come fattore nelle proprietà della famiglia D'Alì Staiti, proprietari della Banca Sicula e delle saline di Trapani. Antonino Marotta, un uomo d'onore e ex affiliato alla banda di Salvatore Giuliano, fu suo padrino di cresima.
La sua vita criminale iniziò in gioventù: già nel 1989 fu denunciato per associazione mafiosa a seguito del suo coinvolgimento in una faida tra i clan Accardo e Ingoglia di Partanna.
Nel febbraio del 1991, ordinò l'uccisione di Nicola Consales, un dipendente di un hotel di Selinunte che lo aveva criticato. Ben presto, assunse il ruolo di capo mandamento di Castelvetrano e si alleò con i Corleonesi durante la guerra di mafia degli anni '80.
Negli anni successivi, Messina Denaro fu coinvolto come mandante in vari attentati, tra cui gli attacchi ai giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino nel 1992, oltre all'omicidio di Vincenzo Milazzo nello stesso anno.
Partecipò anche al tentato omicidio del vicequestore Calogero Germanà a Mazara del Vallo nel settembre 1992. Nel 1993, fu coinvolto nel rapimento e nell'uccisione di Giuseppe Di Matteo per costringere suo padre, Santino Di Matteo, a ritrattare le sue testimonianze sulla strage di Capaci. Il bambino fu brutalmente strangolato, e il suo corpo fu successivamente sciolto in un barile pieno di acido.
Dopo l'arresto di Totò Riina, Messina Denaro continuò a sostenere la strategia degli attentati dinamitardi insieme ad altri boss come Leoluca Bagarella e ai fratelli Graviano. Contribuì alla pianificazione di attentati a Firenze, Milano e Roma, che causarono numerose vittime e danni al patrimonio artistico.
Nel 1998, Messina Denaro fu condannato all'ergastolo, cinque anni dopo l'inizio della sua latitanza. Nonostante la sua detenzione, mantenne il controllo del suo mandamento attraverso intermediari e collaboratori di fiducia. La sua abilità nel rimanere latitante e nel gestire le attività criminali lo ha reso uno dei latitanti più ricercati in Italia e a livello internazionale, facendo parte della lista dei maggiori ricercati dell'FBI.
L'arresto e il ricovero in ospedale
Messina Denaro, dopo quasi tre decenni di latitanza, è stato catturato a Palermo il 16 gennaio 2023. L'operazione di cattura è stata il risultato di un'indagine condotta dalla Direzione Investigativa Antimafia (DIA), che ha permesso di rintracciare il boss grazie all'intercettazione delle sue comunicazioni.
Il superlatitante è stato trovato nella clinica privata La Maddalena di Palermo, e subito dopo l'arresto è stato trasferito nel carcere di Palermo Pagliarelli. Successivamente, il 17 settembre, è stato spostato nel supercarcere dell'Aquila, in regime di 41-bis. La sua salute si è deteriorata rapidamente il 20 settembre, quando è stato ricoverato in ospedale a causa di un avanzato tumore al colon, diagnosticato come stadio quattro già nel 2020.
I medici hanno deciso di mantenerlo in una stanza di massima sicurezza all'Ospedale dell'Aquila, dove gli è stata somministrata la terapia del dolore.
Le sue condizioni di salute si sono aggravate ulteriormente, e Messina Denaro ha deciso di interrompere l'alimentazione il 22 settembre. Il 25 settembre, all'età di 61 anni, è deceduto.
Giuseppe Castiglione, sindaco di Campobello di Mazara - paese di latitanza del superboss - ha commentato: “Si scrive finalmente la parola fine sull'uomo che per 30 anni ha provocato ferite mortali non soltanto nella nostra provincia. La morte pone ogni uomo davanti la giustizia divina”. E ancora il sindaco di Castelvetrano, Enzo Alfano: "Non apparteneva più a questa città, era scomparso.
I cittadini lo ricordano in gioventù come un prepotente che faceva paura. La nostra terra per decenni è stata coltivata da questi criminali. Parecchi di loro ora sono in galera, e adesso è morto anche il loro capo: si può finalmente respirare aria nuova, oggi c'è una rete istituzionale che permette a chiunque voglia investire e lavorare qui di trovare un territorio sano".