Il 9 maggio 1978, accomuna i destini di due italiani molto diversi per estrazione ed esperienza, Aldo Moro e Peppino Impastato, dei quali ricorre quest'anno il trentacinquesimo anniversario della morte. La risonanza della grave vicenda di Aldo Moro sul momento fece passare in sordina quanto accaduto a Impastato, persona meno nota a livello nazionale, la cui morte fu inizialmente comunicata come un suicidio. Tuttavia, con il passare degli anni, anche la figura di Impastato e la sua vita spesa contro la mafia sono divenute oggetto di studio e ricordo.

Aldo Moro, noto esponente della DC e già Presidente del Consiglio negli anni '60, venne rapito dalle Brigate Rosse il 16 marzo 1978, mentre veniva votata la fiducia al governo Andreotti IV, un esecutivo che oggi potremmo definire di "larghe intese", al tempo inserito nella fase del cosiddetto "compromesso storico". Il compromesso in questione consisteva in un avvicinamento tra DC e PCI di cui lo stesso Aldo Moro si era fatto promotore e teorico negli anni precedenti. L'atto terroristico delle Brigate Rosse derivò proprio da questo avvicinamento tra le due forze.

Molti sono ancora i nodi da sciogliere riguardo i mesi di prigionia di Moro, durante i quali il politico indirizzò molte lettere agli esponenti della DC, tra cui Andreotti, il quale però giudicò meglio continuare la "linea della fermezza" e non trattare con i terroristi.

L'epilogo della vicenda fu il ritrovamento del corpo di Moro nel bagagliaio di un'auto in Via Caetani, nel pieno centro di Roma, la notte del 9 maggio 1978.

Diversa la vicenda di Peppino Impastato, morto a soli trent'anni per avere a più riprese denunciato le attività mafiose che a Cinisi (Palermo) ruotavano attorno alla figura di Gaetano Badalamenti, lo stesso che sarebbe diventato - per questo - mandante dell'omicidio del giovane.

Prima di andare incontro al suo tragico destino, Impastato aveva fondato Radio Aut, una radio indipendente veicolo dei suoi attacchi (spesso satirici) alla mafia, e si era candidato alle elezioni comunali con la lista Democrazia Proletaria. Il suo omicidio avvenne proprio durante la campagna elettorale, organizzato in modo da sembrare un suicidio.

E' necessario continuare a ricordare questi due luttuosi eventi della storia d'Italia. Il primo perché rappresenta uno degli episodi più estremi degli anni di piombo e concorre a ricordare le ombre della Prima Repubblica spesso citate in questi giorni a seguito della morte di Andreotti. Il secondo perché rappresenta l'esempio di un coraggio unico che dovrebbe essere alzato a bandiera contro le mafie che ancora oggi serpeggiano in molti luoghi della penisola.