Al giovane e solare Colin (interpretato da Romain Duris) non basta essere ricchissimo: quando scopre che i suoi due migliori amici, il cuoco-autista-tuttofare Nicolas e l'intellettuale monomaniacale Chick, hanno trovato le rispettive anime gemelle, "decide" di innamorarsi anche lui. Partecipa alla festa di compleanno di un cagnolino e con l'aiuto della padrona di casa cerca tra le invitate la persona adatta, quella di cui innamorarsi.

La scelta ricade su Chloé (interpretata dalla bravissima Audrey Tatou) e i due finiscono a danzare lo strambo ballo sbircia-sbircia per tutta la sera. Dal primo appuntamento romantico (in un cantiere) alla proposta di nozze il passo è breve, sei mesi di idillio tra le pietanze di Nicolas, la presenza muta ma costante di un topolino piuttosto antropomorfo, le ossessioni di Chick (che è a tutti gli effetti dipendente da una sorta di droga intellettuale, costituita dal pensiero del filosofo Jean-Sol Partre e assunta da Chick sotto forma di libri, registrazioni di conferenze, pillole e perfino collirio).

Preso da amore e amicizia, desideroso di condividere la propria gioia con gli amici e con Chick, le cui finanze (tra l'umile lavoro in fabbrica e la dispendiosa dipendenza da Partre) non sono certo floride, Colin dilapida gran parte del suo patrimonio e si trova costretto a cercare un lavoro Come se non bastasse, Chloé scopre di essere ammalata: una ninfea le cresce nel polmone, allegoria e simbolo di un male progressivo ed invasivo.

"Mood Indigo - La schiuma dei giorni" è l'ultimo (ma non per qualità) film firmato Michel Gondry. La trama è presa a prestito da "L'Écume des jours", il romanzo di Boris Vian che dal '47 ad oggi ha subito diversi rimaneggiamenti e adattamenti, tra Cinema e teatro. 

Nutrendosi di ispirazioni esistenzialiste e pacifiste, immerso nei fermenti artistici e culturali del jazz (il nome Chloé è un omaggio alla canzone di Duke Ellington) e della Rive Gauche,  Boris Vian ha condensato nella sua storia diverse suggestioni del suo tempo. Michel Gondry le ha filtrate e tradotte sul suo registro onirico e stravagante, straordinariamente fantasioso, variopinto, con sfumature burtoniane nel finale.

Il suo "Mood Indigo" è profondamente francese e intimamente folle, visionario e variegato: spazia dalle più vivaci e spensierate folies parisiennes al più cupo melo. La creatività di Gondry (che si mantiene sul registro fantastico e sognante de "L'arte del sogno" e conserva il triste romanticismo di "Se mi lasci ti cancello") tra versatilità e originalità, tocca picchi di autentica genialità e ci regala una pellicola allucinata ma delicata. Con il suo stile caratteristico e inconfondibile, Gondry ci dimostra ancora una volta di sapere scardinare i vincoli tradizionali con la sua miscela disomogenea di commedia e dramma. 

Il piccolo schermo fissato alla montatura degli occhiali, quello che trasmette l'immagine di un occhio strabico e riproduce lo sguardo camaleontico di Jean-Paul Sartre (filosofo esistenzialista parodiato dal Partre che dà dipendenza a Chick e, paradossalmente, cita il proprio modello con un'esistenzialista "Chick è libero") è uno dei numerosi "tocchi di classe" con cui Gondry rende la sua pellicola godibile e sorprendente.