La Berlinale si conferma il festival cinematografico più fermamente proteso a intessere una riflessione culturale sostanziale, che trascenda l'accidentalità delle appendici commerciali e festaiole della kermesse per offrire una proposta artistica duratura: lo ha detto ieri anche il direttore Dieter Kosslick che la rassegna (uno degli eventi più prestigiosi della capitale tedesca) vuole essere 'politica' nel senso più alto del termine, e cioè quello che intende spostare lo sguardo da quanto accade sul tappeto rosso a ciò che succede fuori, nel vasto mondo. E perciò non sorprende ed anzi appare particolarmente significativo e giusto che il primo premio, l'Orso d'oro, sia stato assegnato a 'Taxi', il film girato in clandestinità dal regista iraniano Jafar Panahi: il cineasta, arrestato nel 2009 con l'accusa di utilizzare il suo lavoro di regista per attuare una propaganda sovversiva nei confronti della Repubblica islamica dell'Iran, è stato condannato dal regime a scontare sei anni di carcere.

Una pena mai veramente applicata fino in fondo, ma a Panahi è stato in ogni caso sottratto il passaporto, impedito di lasciare il paese e, quel che è più grave, vietato di lavorare. Nonostante gli impedimenti e le difficili condizioni finanziarie che ne sono derivate, il regista iraniano è riuscito a realizzare di nascosto questo film poetico e divertente insieme, che racconta Teheran e i cambiamenti della società iraniana con sapienza tecnica e inesauribile vivacità d'idee, una fiamma inestinta dalle restrizioni e dalle pressioni governative. Il film è una vera e propria dichiarazione d'amore al Cinema, al quale il regista è pervicacemente aggrappato come a un'ancora di salvezza dall'oscurantismo e dalla negazione delle libertà. Ritira il premio, al suo posto, la giovanissima nipotina (e attrice nel film) Hana Saeidi, che scoppia in lacrime, tra gli applausi della platea.

Orso d'argento a 'El club' Secondo posto, ma con onore a 'El Club', altro film importantissimo visto durante questo festival. È opera del cileno Pablo Larraín, regista pieno di talento e sensibilità che costruisce un lungometraggio che con tonalità cupe denuncia le atrocità commesse in nome della religione, concentrando il focus sugli abusi pedofili compiuti dai preti cattolici nel suo paese.

Gli altri premi Premiati per la migliore interpretazione Charlotte Rampling e Tom Courtenay, protagonisti del film '45 Years', miglior rivelazione la pellicola guatemalteca 'Ixcanul' di Bustamante. Vincono in due per la miglior regia: il rumeno Radu Jude (Aferim) e Malgorzata Szumowska (Body). Nessun premio per l'unica italiana in gara, Laura Bispuri, che ha presentato il film 'Vergine giurata' con Alba Rohrwacher.