L'anno scorso, lo ricordiamo tutti, fu il trionfo di Paolo Sorrentino e della sua 'Grande Bellezza'. Ma chi raccoglierà lo scettro del regista napoletano quest'anno durante l'assegnazione degli Academy Awards? Ecco una breve guida ai cinque film nominati, per non arrivare impreparati alla cerimonia di domani sera.
Ida - Epigono della grande tradizione polacca di rigorosa ricerca esistenzialista, Pawel Pawlikowski realizza questo film asciugato dai toni freddi di un grigio raggelante ed evocativo, che ci riporta nella cupa Polonia degli anni Sessanta dove una giovane novizia di nome Anna viene catapultata suo malgrado nell'esistenza di una zia, Wanda, di cui ignorava l'esistenza.
Le due donne, l'una giovanissima e candida, assorbita dalla fede cattolica, l'altra adulta e spregiudicata, atea e consumata dall'angoscia di vivere tenuta a bada solo a intermittenza, grazie a stordimenti alcolici e sessuali, imparano a conoscersi e insieme riannodano i fili di un tratto di passato comune, fatto di violenze, usurpazioni e bugie. Ed allora la giovane Anna scopre di non essere Anna, ma Ida e di non essere cattolica, ma ebrea, sottratta neonata ai genitori misteriosamente scomparsi e ancora oltraggiati, nonostante la distanza temporale, da un antisemitismo apparentemente inestirpabile. Opera austera e penetrante che dosa emotività e distacco, 'Ida' è un film che è stato molto apprezzato in Europa ed è al momento il candidato più probabile alla vittoria dell'Oscar.
Leviathan - L'opera, del regista russo Zvyagintsev, ricostruisce la lotta 'biblica' (il titolo suggerisce la chiave di lettura) di un uomo, Kolia, solo contro le prepotenze del potere, in un mondo disertato da umanità e speranza.
Mandariinid - Film estone realizzato dal georgiano Zaza Urushadze che recupera la memoria recente della guerra indipendentista degli abcasi contro i georgiani, un conflitto breve (1992-1993), ma estremamente sanguinoso e con evidenti corrispondenze con gli episodi militari più recenti nell'ex area sovietica.
Due estoni, Marko, coltivatore di mandarini (sono quelli del titolo), e Ivo, un falegname, non vogliono abbandonare il loro villaggio e si ritrovano a vegliare su due soldati feriti, appartenenti a fazioni opposte. Toccante il messaggio antimilitarista di un film d'impegno civile, ma senza rinunciare all'afflato elegiaco.
Relatos salvajes - Il regista, l'argentino Damián Szifrón, è ancora giovane (compie quest'anno 40 anni) e già gode della piena stima del maestro elettivo Pedro Almdóvar che è tra i produttori del suo film ora candidato all'Oscar, l'unico, nella cinquina, a introdurre un elemento di comicità, con accenti surreali e incursioni nell'universo pulp, in pieno stile tarantiniano.
Pellicola a episodi che sorprende per struttura, idee e intenzioni, ma le possibilità di vincere sono praticamente nulle.
Timbuktu - Sarebbe bellissimo se quest'anno vincesse il cineasta mauritano Sissako, premiato giusto ieri con un César, l'equivalente francese dell'Oscar, prima volta nella storia per un esponente del Cinema africano. Il suo film 'Timbuktu' racconta con delicatezza poetica ed emotività calmierata la jihad dalla prospettiva di un'esistenza minuta, coinvolta per caso nella follia del terrorismo islamico, nella sua violenza arbitraria e divorante. Un film bello e importante, speriamo ce la faccia.