Di Giovanni Serodine e del suo verbo artistico da fuori classe, Roberto Longhi ne aveva parlato con autorevolezza e convinzione. D'altra parte non poteva essere diversamente, visto che il famoso critico era sinceramente appassionato della lucente novità inventata da Michelangelo Merisi, cioè Caravaggio. Si è usato l'aggettivo lucente, ovviamente ed è risaputo abbondantemente, non a caso: è la luce che caratterizza le tele del Merisi. In quel Seicento ubriaco delle rivoluzioni dei tre giganti italiani, Leonardo, Michelangelo e Raffaello, con Caravaggio irrompe il laser dell'Arte: la luce.

Un laser ante litteram e a buon prezzo. Ecologico. Chissà perché nessuno ci aveva pensato prima.

Ci pensò il Merisi, ma ci pensò anche Serodine. E altri ancora. Tutti accomunati e abbagliati dallo sfolgorio dei raggi fortificati e raggrumati. Non la coperta pittorica e scintillante che copre tutte le figure in maniera democratica, ma luce radente che si incolla alle facce, alle pieghe dei vestiti e alle pieghe della vita. Ecco la grande sorpresa pittorica del Tenebrismo. Definire caravaggesco Giovanni Serodine è limitativo: al massimo utile per individuarlo nella Storia dell'Arte. È come parlare di Vinnie Moore e definirlo malmsteeniano. I chitarristi neoclassical metal sono quasi tutti 'imputati' di subire influenze malmsteeniane.

Sicuramente è una definizione che aiuta a districarsi nel ginepraio dei chitarristi, ma Moore e Malmsteen rimangono due artisti comunque individuabili. Lo stesso discorso è applicabile ai due geni, ognuno con il proprio destino, Caravaggio e Serodine.

Giovanni Serodine rimane tuttavia, ai più, non molto conosciuto. Perché?

Probabilmente dietro questa mancanza di fama - che il pittore meriterebbe con pieno tripudio - c'è una vita priva di eventi baldanzosi. La Storia non ci ha tramandato un Serodine alle prese con sfide dietro i conventi dopo aver sbattuto un guanto sulla faccia di qualche fellone. Né, a quanto pare, le sue grida, hanno mai rallegrato le bettole colme di gente in cerca di festeggiamenti plebei.

La sua è figura di artista appartato che rifugge i clamori. Poi, è da considerare anche il suo arco vitale: è morto intorno ai trent'anni.

La mancata fama di Giovanni Serodine è segnalata anche dalla sconosciuta pronuncia del cognome. Alcuni, come simpaticamente fa notare Marco Cicala del Venerdì di Repubblica, lo citano come Serodìne - con quell'accento sulla i che lo fa accomunare a un antinfiammatorio -, altri ne parlano pronunciandolo Serodaine - un improbabile inglesismo, del tutto sconsigliabile! Ovviamente e a questo punto, la pronuncia giusta è Seròdine con l'accento sulla o.

Serodine è oggi un illustre ticinese grazie anche e soprattutto all'esposizione aperta e inaugurata il 31 maggio - chiuderà il 4 ottobre - che presenta la metà delle sue circa sedici opere rimaste.

La mostra è in corso in provincia di Mendrisio e, più precisamente, nella Pinacoteca cantonale Giovanni Zust di Rancate. L'affascinate vetrina artistica è titolata Serodine nel Ticino. Fra le opere presenti vi è la grandiosa Incoronazione della Vergine, custodita presso la parrocchiale di Ascona, che diede i natali al pittore e, per l'occasione, ospitata a Rancate per l'esposizione. Nonostante i numerosi incarichi da parte della chiesa, quest'artista fu osteggiato dalla critica dell'epoca e, quindi, destinato a un oblio che questo evento cercherà di distrarre.