Un talento puro e una semplicità coinvolgente. La vitalità di una ragazza spensierata ma la testa e la voce di un artista maturo. Chiara Dello Iacovo ha conquistato tutti. Da Musicultura 2015 al talent “The Voice Of Italy” fino al palco più prestigioso, quello dell’Ariston di Sanremo, arrivando seconda tra le Nuove Proposte. Martedì 16 alla Feltrinelli di Piazza Piemonte a Milano, Chiara ha presentato il suo album “Appena Sveglia”. Cantautrice tradizionalista, perfetta nel binomio voce-strumento (piano o chitarra), ma anche innovativa con interpretazioni dense di teatralità, Chiara stupisce per la facilitàcon cui, a soli 20 anni, scrive testi profondi.
E incanta con i suoi occhi, magnetici ed espressivi. Noi l'abbiamo intervistata in esclusiva.
Come è iniziata la tua carriera?
«Ho iniziato pianoforte a 8 anni e poi ho scoperto il canto. Quando sono stata in America ho riscoperto la musica classica, ho fatto teatro e a 13 anni ho cominciato a scrivere. Dopo il liceo mi sono chiesta: ora che strada prendo? Ho provato quella della cantautrice e si è rivelata la migliore, mi permette di fondere tutte lemie esigenze espressive».
Sei una cantante molto “teatrale” ma hai abbandonato il teatro: perché?
«Volevofare i provini per l’accademia d’Arte Drammaticamaho rinunciato: mi faceva paura una scelta così categorica, in quel momento sentivo di voler partire e rinchiudermi 3 anni in un’accademia mi ha spaventato.
Da piccola mi prendevo molto sul serio ma il teatro mi ha insegnato che prendersi in giro fino ad umiliarsi non è negativo. Questo hacreato un certo equilibrio nella mia presenza sul palco».
Che cosa ti ha lasciato Sanremo?
«Persone. Un esempio è Andy (cofondatoredei Bluvertigo e mediatore della serata, ndr). Avevo paura che il Festival fosse una cosa “chiusa” ma poi ho ricevuto tanto affetto da tante persone».
Il ricordo più bello del Festival?
«Sono un miliardo! Come Pif sia riuscito a farmi passare il malumore dopo la “sconfitta” per esempio. Non mi importava di vincere ma quando sei a tanto così è difficile non volerlo. Però non ho vinto e, vittima dello “scazzo” del momento, eronel gabbiotto di Radio Due esubitoPif mi ha fatto passare tutto».
Da dove viene il titolo "Appena Sveglia"?
«Ho passato tempo a cercare un titolo adatto. Un giorno ero con la mia coinquilina, mi ero appena alzata e d’un tratto mi è venuto… così! È emblematico perché quando ci svegliamo siamo “veri”, siamo noi stessi ma indica anche che sono da poco “sveglia” in un mondo nuovo e che non conosco».
Nel brano “La mia città” il tuo rapporto con Asti è definito clandestino: perché?
«Ho una famiglia di radici non piemontesi e sono cresciuta senza unforte senso di appartenenza. I miei coetanei lo avevano, io no e non capivo perché mi sentissi inappropriata. Stare bene nel luogo dove nasci non vuol dire per forza accontentarsi, ma per me sarebbe stato così».
Hai iniziato a scrivere in inglese ma dopo gliUSA sei tornata all’italiano: non è un paradosso?
«La mia esperienza americana è stata l’antitesi della tipica esperienza statunitense. Ero molto esterofila ma poi ho sfatato questo mito. Sono partita con una condizione esistenziale equilibrata ma l’ho interrotta nel culmine e ho cominciato a scrivere in italiano perché temevo di perdere quella me stessa lasciata in Italia. Mi sono aggrappata ad una nostalgia verso di me e verso quell’equilibrio».
Progetti futuri?
«Vorrei fare un miliardo di cose. Dare il settimo anno di pianoforte, studiare basso, prendere la triennale in cultura e letteratura del mondo moderno. È inutile però fare programmi, tutto cambia continuamente».
Una volta hai detto che vorresti cambiare il mondo…
«È vero, ma non lo si può fare da soli. Voglio continuare a fare musica perché è uno degli strumenti più efficaci per cambiarlo insieme».