Fino al 6 gennaio 2017 è aperta presso il Giuseppe Veniero Project di Palermo la mostra “Alfredo Rapetti Mogol. Diario 99-016”. Il protagonista, il milanese Alfredo Rapetti Mogol, non è altro che il figlio del paroliere Mogol; è paroliere a sua volta, oltre che artista. Le opere che si possono ammirare in questa bella sede siciliana sono tele di grandi dimensioni, lavori su marmo, istallazioni al neon: una miscellanea nata da un intuito e una sensibilità particolare che mette al centro la grafia.

Alfredo Rapetti parla un linguaggio universale, quello delle emozioni, che non conosce barriere linguistiche o culturali, ma che richiede attenzione da parte del pubblico.

La parola, spiega l'artista, "si trasforma in pittogramma, in pura calligrafia che non contiene ed impone precisi messaggi o personali scelte, ma che eventualmente suggerisce ed evoca risposte private, nell’infinita possibilità di una libera lettura soggettiva”. Lo abbiamo intervistato per capire meglio cosa racchiude il suo mondo.

Come ha coltivato la sua passione per l'Arte?

È Lei che mi ha scoperto e guidato. Prima con la pittura, dopo con la scrittura; in seguito le ho fuse insieme in una "pittoscrittura", ovvero in parole dipinte.

Come è nata l'idea della mostra?

È nata dall'amicizia prima con Giovanni Bonelli (gallerista), dopo con Giuseppe Veniero e dal desiderio di fare qualcosa di bello e compiuto insieme, pensando solo al risultato artistico, in una totale e piena libertà espressiva.

Come ha trovato la location? E' la prima volta che espone a Palermo?

Una bellissima "scatola bianca" nel cuore del cuore di Palermo dove avevo già esposto, 10 anni fa, all'Albergo delle Povere con una mostra molto estesa e dipinta in parte anche nel luogo dell’esposizione usando materiali edili e di recupero, una bellissima esperienza.

Come è stato ideato l'allestimento?

Come un’opera unica composta di materiali e forme diverse che dialogano tra loro e con lo spazio espositivo in un intimo, universale e stimolante equilibrio.