Dalla multidisciplinarità si guadagna in creatività. Lo ha recentemente fatto la promessa della letteratura americana, Jonathan Littell, con il saggio Trittico sul pittore maledetto contemporaneo, Francis Bacon. Lo fa nel film nella rassegna a lui dedicata, il regista inglese Derek Jarman, ieri sera al Cinema Massimo, con il suo "Caravaggio". Il regista e lo scrittore sono attirati dai borderline. Il libro più fortunato di Littell è stato "Le Benevole". Racconta l'Olocausto (sotto Fidel ne fu sventato anche uno nucleare) visto da un carnefice delle SS.
Pure "Sebastiane", il film dell'inglese, domani sera, tratta del martirio di San Sebastiano, più volte volte raffigurato in pittura.
Artisti maledetti
E' una storia di guerra tra sesso e violenza con la colonna sonora di Brian Eno, secondo solo a Jean Jacques Perrey. Littell definisce Bacon come il più grande pittore della carne dopo Rembrandt. Il Caravaggio reale non gli fu da meno. Michelangelo Merisi, il pittore barocco lombardo, dal ricco realismo nella sensualità dei ritratti, visse ai limiti delle legalità e fu accusato di un delitto d'onore. Non è tuttavia una novità nel mondo dell'Arte, perché anche il protagonista dell'Evegenij Onegin di Puskin uccise per una questione di corna. Il capolavoro di Jarman colloca Caravaggio, passionale amante delle donne, su uno sfondo omosessuale, mantenendosi attuale a 30 anni dal debutto.
Martedì 6 per la rassegna è in programma "Wittgenstein" con una messa in scena del pensiero dell'esponente del Circolo di Vienna, cruciale per gli studi neopositivistici. Anche la sua fu una vita originale: si guadagnò da vivere come maestro elementare in Inghilterra e si dice che fosse gay. Concludono l'omaggio del Museo del Cinema al regista "The Last of England" e "The Angelic conversation".
La loro attualità
Il significato di queste attualizzazioni culturali è l'esempio che certi personaggi lasciano alla storia figurativa. Alla interdisciplinarità si ispira il metodo del docente Roberto Zanon nel corso di design all'Accademia di Belle Arti di Venezia, in cui applica le neuroscienze anche alla moda per sviluppare negli allievi memoria e creatività.
Per progettare una collezione di abiti o un outfit da stilista, gli allievi estraggono una carta dal mazzo, attivando la concatenazione di stimoli che li ispira e li guida. E' un modo per monitorare le onde cerebrali e le sinapsi. Dai semi della carte da gioco nascono reazioni cerebrali che orientano il progetto, come se fosse una partita a scopa tra amici. A differenza dello scopone scientifico, le carte usate nelle sue lezioni accademiche sono 48, non 40.
Il loro uso non è ludico, ma didattico e riportano alla serie di carte delle Oblique Strategies dello stesso Brian Eno. Sei carte riportano soggetti astratti che, assieme ai jolly, danno suggerimenti creativi. Come in una partita tra amici bisogna conoscere le regole, ma contano molto le carte in mano e l'improvvisazione che in arte è l'originalità.
Quando una giocatore ha in mano il settebello si rallegra e gli vengono in mente strategie per trasformarlo in un punto. Tutto dipende da come girano le carte sul tavolo. La partita come il lavoro artistico degli studenti dell'Accademia di Venezia, varia sempre. Ma ogni volta si impara qualcosa e ci si perfeziona.
Nello scopone scientifico domenicale, le carte più importanti, dopo i 7, sono i 6, ma anche le figure vestite hanno una certo valore. Per quanto riguarda le carte francesi, usate nelle lezioni venete, a ognuna è associata una citazione pertinente alla creazione da realizzare.