La crisi di Cuba, 54 anni dopo. Lo spiegamento di missili nucleari sovietici sull'isola caraibica, scoperto da un velivolo statunitense il 14 ottobre 1962, aveva uno scopo difensivo secondo il Cremlino, dopo che nell'aprile del 1961 era fallito il tentativo 'pilotato' da Washington di invadere Cuba e deporre il governo di Fidel Castro. Il presidente John Fitzgerald Kennedy vide ovviamente il dispiegamento di un arsenale nucleare a due passi dal continente americano come una provocazione. Il Pentagono iniziò a vagliare diverse soluzioni, tra le quali anche quella di un attacco diretto a Cuba.
Era considerata come ultima via, perché avrebbe causato l'inevitabile scontro con l'URSS. Venne dunque scelto il blocco navale, una decisione ugualmente rischiosa perché avrebbe posto Cuba in stato di assoluto isolamento con la conseguente impossibilità di avvicinamento alle sue acque territoriali di qualunque natante, ad iniziare dalla flotta sovietica. Dal 15 al 28 ottobre 1962, il mondo visse momenti di vera tensione puntando idealmemte gli occhi sulla Casa Bianca e sul Cremlino. John Kennedy e Nkita Krusciov, il segretario dell'URSS, diedero vita a quella che si può paragonare ad una delicata partita a scacchi. Tra gli episodi più celebri della crisi di Cuba figurano le lettere che Papa Giovanni XXIII scrisse ai due leader: un appello al buon senso, per evitare una catastrofe mondiale.
Vasili Alexandrovich Arkhipov, l'ufficiale sovietico che evitò la guerra
La tensione toccò il suo massimo livelloil 27 ottobre, quando un velivolo statunitense che sorvolava Cuba venne abbattuto ed un altro venne quasi intercettato sui cieli sovietici. Ma c'è anche un'altra vicenda che venne resa nota soltanto anni dopo, protagonista un sommergibile sovietico che venne intercettato nei pressi del blocco imposto da Washington.
Nessun mezzo navale può passare quella zona, il comando statunitense decide di lanciare cariche esplosive ma non hanno lo scopo di colpire il sommergibile: vogliono soltanto farlo riaffiarare in superficie. A bordo del mezzo militare, sballottato dalle esplosioni, regnano pausa e tensione. Le navi statunitensi ignorano che quel sommergibile è armato di testate nucleari.
Il comandante sovietico, Valentin Savitsky, dopo aver sentito il parere dell'ufficiale politico di bordo, ordina la risposta con il lancio di un missile: l'inizio della terza guerra mondiale è ad un passo, basta premere un pulsante. In quel momento interviene Vasili Alexandrovich Arkhipov, 34enne ufficiale in seconda. Non ha alcuna autorità per contrastare la decisione del suo comandante ma gli fa notare che se le navi americane avessero voluto la distruzione del sommergibile, lo avrebbero già fatto. "Non ci stanno attaccando, non dia l'ordine", sono le sue parole. Prevale il buon senso, i sovietici riemergono in superficie ed il comando americano si limita ad intimare loro di lasciare la zona.
Questo episodio, probabilmente il più importante della crisi di Cuba, passò all'epoca in secondo piano. Nessuno sapeva dell'arsenale trasportato dai sovietici, nessuno lo saprà per decenni fino a quando i documenti sottoposti al segreto militare da Mosca non verranno alla luce. Il 28 ottobre 1962 il mondo tirerà un sospiro di sollievo, quando Kennedy e Krusciov giungeranno al sospirato accordo. L'URSS rinunciava alle installazioni dei missili a Cuba, in cambio della promessa di Washington di rispettare la sovranità del governo di Fidel Castro e di smontare le testate nucleari puntate contro il territorio sovietico in Italia ed in Turchia. L'umanità deve molto a Vasili Alexandrovich Arkhipov che, semplicemente con un suggerimento dettato dal buon senso e dall'esperienza militare, evitò l'olocausto nucleare.