La tendenza culturale degli ultimi decenni, e in maniera evidente nella sfera del comico, attesta e conferma la passione per il reale diffusa nell'immaginario contemporaneo; la venatura comica del cinismo può infatti venire tradotta da una celebre frase del filosofo Ludwig Wittgenstein, rivolta ai filosofi: “Dai ai filosofi uno sguardo acuto per vedere quel che è sotto agli occhi di tutti ma che non tutti vedono”.
Umorismo e cinismo
Questo significa che l'umorismo odierno non punta tanto alla trasfigurazione fantastica del reale, ovvero alla sua manipolazione in termini parossistici e assurdi, ma evidenzia la paradossalità delle condizioni esistenziali che ci troviamo a vivere nella nostra epoca.
Si tratta di un meccanismo dialettico che l'umorismo contemporaneo condivide col cinismo, o meglio l'umorismo cinico dimostra la valenza emancipativa che tale cinismo può assumere oggi, quando viene compreso nei termini del kinismo di cui ci parla il filosofo Peter Sloterdijk nel suo Critica della ragion cinica.
L'umorismo cinico infatti dimostra la sua doppia faccia se riflettiamo sulla sua possibile riflessività, ovvero se consideriamo tale umorismo come un'arma tagliente rivolta agli altri o se, come spesso accade, viene rivolta autoironicamente a se stessi: il cinismo rivolto a se stessi, ovvero il ridere delle proprie disgrazie, è la forma positiva e progressista di cinismo, di contro al cinismo rivolto ad altri, che spesso è una sottile strategia psicologica di autoaffermazione e un tentativo di manifestare la propria presunta superiorità morale, fisica, spirituale o sociale.
L'autoironia cinica è, dal canto suo, la tecnica più adeguata per sopravvivere nell'attuale condizione economica: nell'orizzonte della crisi sociale, che è anche crisi privata ed esistenziale, nonché emotiva e sentimentale, ridere di se stessi diventa uno dei modi possibili di sopravvivere e di reagire alla catastrofe. In questo quadro, ci possiamo porre la complessa domanda relativa a cosa ci fa ridere assistendo alla serie TV italiana Boris: si tratta di una comicità perfettamente in linea con le tendenze sociali contemporanee, di certo erede della comicità americana dei Simpson ma perfettamente calata e specifica nel contesto italiano dei nostri anni.
Da Boris alla Beata Ignoranza
Oggi, l'irriverenza di boris torna attuale grazie all'uscita del film Beata ignoranza, diretto da uno degli autori della serie TV, ovvero Massimiliano Bruno, e che possiede molte caratteristiche di Boris; per capire cosa ci faccia ridere assistendo alle sventure vissute dagli apprendisti schiavizzati sul set di una fortunata fiction televisiva, alle infamie della gerarchia amministrativa, alle angherie di chi annulla qualsiasi garanzia e dignità al lavoro, dobbiamo chiederci perché le medesime esperienze, quando le viviamo in prima persona, determinino il risultato diametralmente opposto: quando facciamo esperienza del dissolvimento del mercato del lavoro, della vanificazione di diritti e garanzie che hanno contraddistinto il lavoro per decenni, delle umiliazioni e della precarietà, dei ricatti e delle offese, non ridiamo affatto.
Quando le stesse dinamiche le recepiamo nella loro trasfigurazione estetica attraverso il racconto sullo schermo, allora scatta un'ilarità che non è indirizzata ai personaggi della fiction. Si tratta di ridere di se stessi, perché i personaggi di Boris siamo noi: il cinismo si rivolge contro se stessi, non si tratta della ridicolarizzazione di personaggi “altri” da noi attraverso la quale possiamo ritenerci diversi e migliori, ma proprio il contrario, perché nella trasfigurazione della serie è come se ci specchiassimo.