Un tempio laico, un culto di memorie civili, riferimento importante per la nostra democrazia. Sono espressioni contenute nella proposta di legge in memoria di Giacomo Matteotti approvata lo scorso 10 maggio, presentata dal deputato Pd Diego Crivellari insieme a Giulia Nardiolo, che enuncia i valori per i quali Villa Matteotti di Fratta Polesine, in provincia di Rovigo, è stata dichiarata "Monumento Nazionale". Il linguaggio della burocrazia è abbastanza lontano e ad essere delineata nel documento di legge è una densa pagina di storia nella quale la parabola umana e politica di Giacomo Matteotti, di origini trentine ma nato a Fratta Polesine il 22 maggio 1885, ucciso da un manipolo di dirigenti fascisti a Roma il 10 giugno 1924 mentre si dirigeva a Montecitorio, viene ripercorsa definendo l'alta figura di un Socialista riformista che ebbe il coraggio di scagliarsi contro la dittatura avanzante.

Celebre resta l'ultimo discorso di Matteotti tenuto alla Camera il 30 maggio 1924 che denunciava i brogli elettorali del fascismo, orazione che determinò la decisione della spedizione omicida.

Un flash back prima dell'epilogo

Se immaginassimo un flash back precedente il tragico epilogo della vita del grande socialista, vedremmo il giovane Matteotti in Via Ruga a Fratta Polesine nella sua residenza di famiglia, un palazzo settecentesco con piano nobile circondato da un suggestivo parco. A breve distanza si trova la celebre Villa Badoer, oggi sito Unesco, costruita da Andrea Palladio nel 1570, che si estende con le tipiche "barchesse". Possiamo supporre che Matteotti vedesse la villa palladiana ogni giorno.

In quell'armonia, in quella quiete Matteotti decideva di prepararsi all'agone politico nazionale attraverso accuratissimi studi di Giurisprudenza (la sua tesi di laurea "La Recidiva" sulle cause che determinano la reiterazione dei reati è conservata nella Casa Museo) e la ricerca filosofica. Piero Gobetti, altro martire socialista, ebbe a dire di lui: "aveva studiato l'inglese per leggere direttamente Shakespeare, però nella lotta politica quasi nascondeva questi istinti di filosofia".

Il primo impegno politico si svolse nel centro padano come amministratore e dirigente di cooperative, ma successivamente al Parlamento Matteotti aveva guadagnato l'appellativo di "tempesta" per l'irruenza della sua dialettica, una forza che forse poggiava su quell'angolo di mondo in riva al Po, simbiotico con la caratura di un intellettuale che seguiva precise linee di pensiero, come in fondo le radici dei pioppi lungo il Fiume.

Dalla memoria si guarda al futuro

La Casa Museo di Matteotti si puo' visitare il sabato e la domenica e nei giorni festivi dalle 10 alle 12.30 e dalle 15 alle 18.30, oppure in occasione di visite straordinarie su prenotazione, un orario che sembrerebbe esiguo se confrontato con il nuovo status di monumento nazionale. All'interno della Casa ogni cosa si trova ovviamente al suo posto: le numerose librerie con i registri contabili del padre Girolamo Matteotti e i classici della letteratura nelle edizioni di inizio Novecento. Al primo piano c'è l'ampio salone e le stanze condivise da Giacomo con la moglie Velia e i figli. Tutto fa pensare ad una vita ordinata e a quel "dover essere" delle cose che accese la lotta strenua per gli ideali portati avanti da Matteotti fino all'estremo sacrificio di sè.

Uno dei suoi biografi, Valentino Zaghi, lo ha definito "un famoso sconosciuto". Il riconoscimento della Casa Museo come monumento nazionale getta un fascio di luce su un tratto importante della storia politica italiana e facilita l'aggregazione di idee e progetti fondati sulle reti territoriali. Oltre ai raccordi fra Fratta, Rovigo e Delta del Po, si guarda ad una sinergia culturale con la limitrofa Ferrara dove Matteotti nel 1920 fu Segretario della Camera del Lavoro.