Il 26 e il 27 maggio arriva il festival Retape, che porta sul palco della sala Petrassi dell’Auditorium Parco della Musica di Roma tutti i migliori artisti della scena alternativa capitolina. Al costo di 15 euro sarà possibile assistere a ben 15 concerti. Gli ospiti d’eccezione di quest'anno sono Alex Britti, che porterà dei brani del suo nuovo album, Max Gazzè, che suonerà alcuni brani dell'album "Alchemaya" e Federico Zampaglione, reduce dell'ultimo album dei Tiromancino. I due giorni dedicati alla canzone emergente vedranno alternarsi le esibizioni di ben 15 formazioni tra indie music e alternative rock: da Mary in June a Massimo Giangrande, da Belladonna a Margherita Vicario, e poi La Batteria, Toot, Vanilla Sky Sha La La Las, Chiara Vidonis e Mokadelic.
Tra i presenti anche Lucio Leoni, che ha rilasciato per l’occasione un’intervista a Blasting News.
Che cosa significa per Lucio Leoni suonare all’Auditorium?
Sono contentissimo di esibirmi al Retape. Prima di tutto suonare all’Auditorium è meraviglioso e importante a prescindere dal tipo di manifestazione. Secondo, il Retape è orientato a presentare le migliori proposte indipendenti romane del momento ed è un onore sentirsi chiamare in causa. Terzo, condividere il palco con tanti artisti è sempre un bellissimo momento di crescita e di studio e crescere e studiare fa sempre bene a tutti.
Che cosa pensi dell’esibizione live? Che vuol dire per te stare sul palco?
Io non sono uno di quelli che concentra la sua attenzione sull'esibizione live.
Per me è importante tutto l’arco produttivo quando parliamo di musica. Mi piace molto però e sono convinto che bisogna stare attenti a molti aspetti e provare ad immaginare l’esibizione come uno show a 360 gradi piuttosto che pensarlo come “solo un concerto”.
Nelle tue performance ironiche sono famosi i tuoi oroscopi. Quando hai iniziato a studiare astrologia?
Sei della scuola di Paolo Fox o di Branko?
Non ho mai iniziato veramente. Comunque sicuramente scuola Paolo Fox.
Il tuo stile, a metà tra Giorgio Gaber e gli stornelli da vecchia osteria romana, non si etichetta con facilità. Perché hai scelto Lorem Ipsum, il testo segnaposto che usano grafici e tipografi per regolarsi gli spazi, come titolo del tuo album d’esordio?
Perché mi sembrava che questo suo voler dir tutto e non voler dire niente lasciasse un bello spazio all’interpretazione di chi ascolta.
Il primo singolo estratto con un video clip è stato "A me mi", Il secondo è "Domenica", e in tanti si domandano se quel giorno tu sia effettivamente riuscito ad andare al mare.
No, in realtà no. Sono rimasto a casa in una di quelle noiosissime e tediosissime domeniche fatte d’inedia. In fondo Domenica è una canzone disfattista.
In "Nostro Signore" parli di un bambino che in prima elementare si trova di fronte per la prima volta Gesù Crocefisso appeso in aula e non ha la minima idea di che cosa voglia significare. Sei cattolico?
No. Ero io quel bambino. C’è stato un po’ da parlare con mia madre, ma alla fine capii di che cosa si trattava. Sai, non essendo stato battezzato e non avendo avuto alcun contatto con la religione, (deo gratias) è stato difficile, ma alla fine se non altro ho capito chi è Gesù.
A cosa serve no, ancora non l'ho inteso.
Per te la musica deve distrarre o far riflettere?
Se parliamo di arte sono per l’arte disturbante, ma insomma, la musica non deve niente a nessuno effettivamente.
Canti che il problema più grande della nostra generazione è che è cresciuta col pane e Nutella, quindi la generazione di oggi senza olio di palma ha un futuro più salutare?
Forse alla nuova generazione ha detto meglio pure dal punto di vista della dieta. Effettivamente quando eravamo piccoli noi si badava poco a queste cose.
Quali artisti contemporanei e non ti ispirano di più?
Più che ispirarmi provo a farmi contaminare. Ascolto tanta musica diversa e sostanzialmente cerco una strada. Sicuramente sono pieno degli ascolti massicci di tanta musica vecchia e nuova.
Al momento ascolto molto Filippo Gatti, Giovanni Truppi, che sono tra i miei preferiti. Ascolto anche Francesco Motta.
Visto che i tuoi brani sembrano spesso dei testi letterari, che preferisci nella letteratura?
Anche lì è difficile. Ultimamente ho ripreso in mano "La Grammatica della fantasia" di Gianni Rodari. Ho letto un po’ di tutto ma non ho preferenze. Ho un approccio al libro “da studioso” a seconda del momento e di cosa sto cercando o attraversando, vado verso questo o quest’altro autore, più che altro leggo le figure comunque.
“Se fossi andato a vivere a Berlino, se fossi andato a vivere a Milano” recita una tua canzone, invece se tu fossi rimasto a Roma che cosa sarebbe successo?
Può darsi che alla fine il fatto di essere rimasto a Roma abbia significato rimanere un po’ incastrato in una roba poco chiara e mal gestita proprio come è Roma.
Ed è successo che ho fatto e faccio di tutto: fonico, produttore, "localaro", musicista. Poi i confini fra queste professioni sono così labili, che chi ci capisce più niente.
Ti definisci un hipster?
Non avendo ancora capito esattamente la definizione di hipster, direi di no. Rispetto alle categorie sociali vale sempre un po’ tutto diciamo.
Progetti per il futuro?
Adesso suoniamo il 27 maggio all’Auditorium per il Retape ed è un bel traguardo, non vedo l'ora, sarà molto emozionante. Poi ci fermiamo un attimo in attesa di presentare il nuovo album, che se tutto va bene sarà pronto ad ottobre. Ci vediamo il 27.