È uscito il 20 ottobre "Siamo tutti stanchi", il nuovo album dei Giorgieness, anticipato dal singolo "Calamite". Sembra proprio che il gruppo abbia deciso di portare un po' di britpop nel sottobosco musicale italiano, ispirandosi ai Placebo e ai Radiohead, con la potente voce di Giorgie D'Eraclea, ventiseienne artista della Valtellina che costituisce la vera anima della band. È lei che scrive e interpreta ogni singola traccia, e pare che abbia tutte le carte in regola per imporsi come volto antagonista delle cantanti emergenti con il loro sguardo angelico e i testi "politically correct" con spruzzate di parolacce.

D'altronde, la cantante non ha bisogno di usare un linguaggio scurrile per darsi un tono.

Si presenta esattamente com'è, descrivendo rabbia, violenza, vita vera, senza filtri. Mentre la scena romana continua a donarci nuove interpreti femminili come Chiara Monaldi che ha da poco pubblicato il suo nuovo album, o consolidate e simpatiche presenze come l'ultimo singolo di Giancane, dopo il primo disco "La Giusta distanza", il secondo lavoro dei Giorgieness (Giorgie D'Eraclea voce e chitarre, Davide Lasala chitarre e pianoforti, Andrea De Poi basso, e Lou Capozzi batteria) accontenta chi aspettava da tanto tempo qualcosa di diverso e di più "rabbioso".

Il disco raccontato da Giorgie D'Eraclea

Capelli rossi, tatuaggi e voce sensuale, vestitini neri che non nascondono le curve: Giorgie D'Eraclea ha tutta l'aria della diva gotica di fine anni '90, primi anni duemila.

"Siamo tutti stanchi" è un titolo che dà un'idea di una vita che sconfigge...

"Ho scelto questo titolo perché ben rispecchia il periodo storico che stiamo vivendo: stanchezza fisica, stanchezza da occhiaie ma anche e soprattutto quella stanchezza mentale che nasce dalla paura del fallimento. Il disco è una sorta di ode alla fallibilità, intesa come tensione naturale all'errore, da cui, se si ha la voglia e la forza, si può imparare a distruggersi per poi ricostruirsi.

Paura del fallimento inteso anche come timore del giudizio e soprattutto del senso di umiliazione che ne consegue. Il senso più profondo dell'album è di nuovo qualcosa di egoistico e privato, un discorso con me stessa per raccontarmi davvero quello che sento e come lo sento. Sono riuscita però a partire da esperienze personali per parlare di argomenti più ampi e temi sociali che non possono lasciarci indifferenti".

"Salgo in casa e fumo erba stacco un po' la testa", canti in "Avete tutti ragione": che rapporto hai con le droghe?

"Ho un rapporto normale, non sono grande fan ma una cannetta prima di andare a letto e anche due, tre, dieci, quelle volentieri".

Nel video del primo singolo estratto dall'album "Calamite", c'è una ragazzina nella sua stanza, ed è una camera molto primi anni duemila: come sono cambiate le ragazze in 10 anni? Ti rivedi in quelle di oggi?

"Io ero vestita come una punk anni '70, ma avevo una responsabilità diversa. Ho avuto quel tipo di famiglia che, se te lo meriti, ti dà tanta libertà, però se sgarri la libertà finisce, quindi se dovevo tornare alle 10 e alle 10 meno 2 per traffico o per qualcosa ero ancora in strada, avvertivo.

Allo stesso tempo sono stata fortunata, non ho mai bruciato nessuna tappa, devo dire almeno quelle fondamentali. Io credo che agli adolescenti di oggi manchi un contenitore nel quale si possano muovere liberamente, credo che si muovano liberamente senza argini e invece nell'adolescenza è proprio un argine che serve".

Ascoltando il disco, si ha la sensazione che vi siate ispirati molto ai Placebo...

"In questo disco, i Placebo sono stati molto di riferimento soprattutto a livello di suoni, perché volevamo esattamente quella cosa lì, rock ma con dei suoni un po' meno invasivi del primo album. Quest'estate abbiamo anche suonato insieme a loro a Barolo ed è stato proprio bello. Non si è creato però il rapporto umano che si è formato con i Garbage.

Ai Garbage abbiamo aperto il concerto e poi ci hanno richiamato per aprirne un altro, invece con i Placebo, essendo l'evento all'interno di un festival, è stato un po' diverso. Avevano il loro backstage dietro il nostro. Noi siamo riusciti solo a stare lì dietro dove abbiamo potuto vederli più da vicino. In ogni caso ascolto tantissima musica, anche che non c'entra niente con la mia. Cerco sempre di ispirarmi a personalità che hanno fatto musica attraverso un discorso lungo e per tappe con il giusto tempo che bisogna dedicare a queste cose. E in questo, sicuramente i Radiohead sono un modello e, senza mai fare un cambio drastico da un album all'altro, hanno cambiato invece, fino a creare un loro stile.

E forse tra tutti quelli che ci piacciono cerchiamo di capire questa cosa qui: come crearci uno stile, piuttosto che un suono o un genere".

La leader e autrice dei Giorgieness

Non è mai stata un'impresa facile essere leader di una band. Anche se come tutti avrai le tue fragilità, appari con una personalità molto forte anche sul palco. Sei mai stata accusata di essere una persona egocentrica?

"Devo essere onesta, di insulti di questo genere e di critiche non ne ho ricevute tantissime, però oltre ad essere tutte quelle cose che escono durante l'esibizione, ho pochi amici. Sono gli stessi da una vita e tante conoscenze, mi apro davvero con poche persone perché so di essere più che egocentrica, molto egocentrata.

Lo so perché devo contenere un sacco di cose, di pensieri e di fragilità che sono davvero tante. Faccio fatica a non far male agli altri, nel tempo ho imparato però".

Che tipo di letteratura influenza il tuo lavoro di cantautrice?

A me piace il romanzo con un po' di pesantezza di fondo. La mia autrice italiana preferita è Chiara Gamberale, e 'La Zona cieca' mi ha ispirato. Poi mi piacciono molto i saggi. Ho letto 'Utopie Eterotopie' di Michel Foucault che mi ha ispirato moltissimo, perché amo Foucault. Adesso ho comprato anche un altro saggio suo, di cui non ricordo il titolo. Poi ho letto moltissimo Dostoevskij, Foster Wallace, c’è un libro suo che mi piace ma lui è proprio egocentrico...e c'è una sfilza di libri ancora: 'Atti osceni in luogo privato' di Marco Missiroli che ho letto da pochissimo e mi è piaciuto tantissimo.

Poi ho letto di recente 'Il quaderno di Maya' di Isabel Allende, romanzo di formazione molto bello, e poi ho letto un po' di biografie, quella di Solventi su P.J. Harvey, mi piacciono tutte le biografie sulle grandi donne, e anche i romanzi delle star come 'La morte di Bunny Munro' di Nick Cave. Leggo così tanto che non mi ricordo più i nomi dei titoli e dei personaggi".

L'opinione di Giorgia D'Eraclea sul caso Asia Argento

Che pensi della questione lanciata da Asia Argento sulle molestie e gli abusi sessuali da parte di uomini potenti su donne in ambienti lavorativi? Adesso Miriana Trevisan accusa Giuseppe Tornatore...

"Ho fatto di recente un post su questa cosa. Non sono riuscita ancora a farmi un'opinione, però sotto un certo punto di vista sono stata molto contenta di quello che è successo.

Credo che siano delle questioni davvero complicate e che riguardino più che la violenza sessuale in sé, un problema culturale e di violenza psicologica. La cosa che più dovrebbe far riflettere è che nel 2017 la donna ancora può pensare che se non va a letto con qualcuno può avere delle ripercussioni sul suo lavoro, e un uomo può pensare di dire 'io sono la legge, o vieni a letto con me oppure non fai quello che vuoi fare nella vita', e questo è il problema di fondo. Adesso anche in Italia Giuseppe Tornatore è stato accusato da Miriana Trevisan, Kevin Spacey...poi per soldi diventa tutto gigantesco. Credo che sia la stessa cosa che può succedere anche in un ufficio, solo che ad Hollywood diventa tutto cinematografico.

Negli studios di Los Angeles ci sarà sicuramente quella a cui è stata messa una mano sulla spalla e una mano sul sedere (che non va bene, però è un po' diverso) che farà uscire il caso per un po' di notorietà. Bisogna svecchiare quest'idea di 'uomo-sesso forte, donna-sesso debole'. Dal punto di vista delle donne, non è che tutte sono delle sante, ci sono delle donne che per fare carriera usano il loro corpo, e questo è. Però nel caso di Asia Argento non mi permetto di giudicare, non ero lei mentre le succedeva. Non so in che periodo della sua vita fosse, non so che cosa ha vissuto, non so di cosa stiamo parlando. A me è capitato di trovarmi in situazioni del genere e ho sempre detto di no, però al momento non sono riuscita a dire immediatamente qualcosa oltre il no. Mi sono arrabbiata dopo. Comunque sia, è una cosa molto personale".