Il prossimo 9 novembre si celebreranno i 28 anni dalla Caduta del Muro di Berlino. Sono cambiate molte cose da quel 1989, quando quel Muro era simbolo per eccellenza della guerra Fredda e, insieme, della frattura del mondo in due blocchi contrapposti: America e Unione Sovietica. Ma questa data è sempre attuale anche se oggi i rapporti di forza tra l'America di Trump e la Russia di Putin sembrano più equilibrati. Ciò che rimane vivo nei ricordi è la sofferenza dei molti che, sulla frontiera tra la Germania Est e la Germania Ovest, sono morti per trovare la libertà.
Le ragioni che hanno portato ad erigere il Muro
Il Muro è figlio della Guerra Fredda: il 13 agosto 1961 è la sua data di nascita. In un primo momento si pensa ad esso come a una misura anti-fascista. La realtà è invece diversa. Costruendo un muro che divide in due Berlino - Repubblica Democratica Tedesca da una parte e Repubblica Federale Tedesca dall'altra - si cerca di contenere il numero dei tedeschi che da Est fuggono verso Ovest. Tra il 1948 e il 1961 sono quasi 3 milioni le persone passate dalla Repubblica Democratica alla Repubblica Federale. Ecco perché parte dal governo della Germania dell'Est (DDR) l'idea del Muro.
I morti senza nome sul confine tedesco-tedesco
Il 9 novembre 1989 è una data storica per la Germania, oltre che simbolo universale di libertà.
Segna di fatto la fine della divisione tra Germania dell'Est e la Germania dell'Ovest e apre la strada alla riunificazione, realizzata compiutamente il 3 ottobre 1990. Ciò che fino ad oggi è mancato, a livello storico, è la quantificazione di chi sul confine ha perso la vita dal 1961 al 1989. Fonti storiche dicono che sono state almeno 133 le vittime uccise dalla polizia di frontiera della DDR mentre tentavano di passare dall'altra parte del Muro.
In un volume le biografie dei morti sulla frontiera
Grazie a un'indagine di 5 anni svolta dai ricercatori della Freie Universitat, è stato possibile quantificare il numero esatto delle vittime del Muro: come riporta La Stampa di venerdì 9 giugno, i morti sarebbero stati 327. Dopo questa indagine, le vittime senza nome (fino ad oggi) acquistano finalmente un'identità (e dignità) storica.
Pare, ad esempio, che sia stato Emanuel Holzhauer (6 mesi) la vittima più giovane, mentre il nome di quella più anziana è Ernst Wolter (81 anni).
Emanuel, la vittima più giovane
Emanuel sarebbe morto il 2 luglio 1977, a un passo dalla frontiera. Quel giorno si trovava con i genitori, "nel bagagliaio di una Opel Rekord, poco prima del passaggio di frontiera di Marienborn". L'intento era quello di superare il confine, con l'aiuto di un uomo che li aveva aiutati a organizzare la fuga (25 mila marchi, il prezzo preventivamente pagato). Ma le cose non vanno per il verso giusto: la Opel va in panne, "l'acqua di raffreddamento evapora e il vapore penetra nel bagagliaio dove sono nascosti". Ecco come per loro il destino è segnato a poca distanza dalla salvezza.
Sono i soldati della DDR a trovare Emanuel morto soffocato, mentre i genitori finiscono in carcere.
Ernst Wolter, la vittima più anziana
Ernst Wolter, invece, è morto l'11 giugno 1967, dopo aver scavalcato una rete di recinzione al confine tra le due Germanie. Wolter era un agricoltore e il suo intento era quello di ritrovare delle mucche, ma nel tentativo sarebbe saltato su due mine, perdendo entrambe le gambe. La morte sarebbe occorsa 3 ore dopo, "sotto gli occhi dei soldati orientali e di un medico", che si guardarono bene dal prestargli soccorso per non cadere vittime del terreno minato.