È il caso di Dunkirk, grandiosa opera di Christopher Nolan su Operation Dynamo, l'evacuazione navale delle forze Alleate dal 27 maggio al 4 giugno 1940, ultimo atto della battaglia di Dunkerque.

Un kolossal girato in pellicola, un ibrido tra Imax e 70mm, con riprese spettacolari, con una maestria e una tecnica cinematografica che trasformano l'essenzialità del dialogo e l'assenza fisica del nemico in paura metafisica, impalpabile nebbia che circonda i soldati in una stretta claustrofobica.

In un'intervista Nolan avverte: "La sceneggiatura è stata scritta seguendo il fulcro del pensiero filosofico di Pitagora: armonia è un'arte come il suono, la parola, la poesia, la danza".

L'evento storico diventa lo scenario di un film sulla dilatazione del tempo in tre diversi archi temporali di una settimana, un giorno e un'ora che si intersecano tra loro. Quanto il tempo sia importante per Nolan lo si intuisce dal ticchettio di un orologio (fu lo stesso regista a consegnare la registrazione di questo suono ad Hans Zimmer, che compose la colonna sonora su questo ritmo persistente) e dall'illusione uditiva della scala Shepard, una scala suonata contemporaneamente su diverse ottave, di intensità diversa e variabile, in canoni eternamente ascendenti per velocizzare il tempo e accrescere la tensione, o discendenti per rallentarlo e prolungare l'agonia.

Il tempo è importante: si restringe per chi fugge in spazi sempre più ristretti, si dilata lentamente e inesorabilmente per chi aspetta la fine.

Il tempo è ancora più importante quando racconta le altre storie, quelle sulla natura umana in balia dei quattro elementi: l'aria (il volo aereo di un'ora), l'acqua (il mare di un giorno), la terra (le strade, la spiaggia e il molo di una settimana), il fuoco (amico/nemico, eterno).

Storie che si intersecano nel racconto e piegando il tempo spiegano come l'umana percezione del tempo, nemico senza nome, sia un'illusione senza valore, perché il valore autentico è riposto nelle scelte difficili di chi decide come comportarsi e cosa fare.

Come l'essere in divenire, una sconfitta - pur restando tale - si trasforma

Tra i quattro elementi che determinano vita e morte, tra rumori assordanti di bombe, siluri e proiettili, si scopre il valore silenzioso di chi offre il proprio contributo per salvare naufraghi, di chi esce dal gruppo perché non è capace di passare sul corpo di un altro, di chi aspetta l'ultimo sopravvissuto, di chi rinuncia alla propria libertà per il prossimo, di chi ha imparato la paterna lezione su solidarietà e perdono.

Un soldato si chiede perché una sconfitta venga applaudita. Lui, vivo per miracolo.

Festeggiare la vita vi pare poco?

Ogni giorno si perde qualcosa, ma è molto più importante non perdere se stessi e il senso della vita, non degradare la vita ad una partita tra chi vince e chi perde.