Decima edizione per l’lnternational Tattoo Expo a trieste il 10, 11 e 12 novembre: una ricorrenza che porterà nella città giuliana 260 artisti, per una stima di circa 8.000 visitatori al Centro Espositivo d’Arte Moderna e Contemporanea- ex-pescheria centrale, in riva Nazario Sauro, 1.
Show e contest
La cornice dello show comprende l’esibizione della Alister Dance All-star, crew di ballerini hip-hoo e break dance, classificatasi seconda a “Italia’s got talent” 2015, e il confronto artistico tra Giulio Masieri e Gabriele Bonato, a mescolare le rispettive doti in una performance di “Art fusion”, oltre al progetto “Audiopaint” dello stesso Masieri, concepito nel 2008 per coniugare musica e pittura, “Se la tela di un quadro fosse tessuta dalle corde di un pianoforte, quali vibrazioni avrebbero nelle mani di un pittore!”: il pennello tocca la tela e il colore diventa anche nota.
Ancora: bodypainting con Massso art e la conferenza dell’A.R.T.-Associazione tatuatori, a fare il punto sul settore ed approfondire la discussione parlamentare sulla “Disciplina della qualificazione professionale per l’esercizio dell’attività di estetista”. L’Expo prevede un contest, a cui possono iscriversi i tatuatori presenti in convention.
Regolamento e codice etico di categoria
L’associazione nazionale indica, nel suo sito, il regolamento da seguire, abbinandolo ad un codice etico, che tutela iscritti e clienti. I primi sono tenuti ad informare i secondi dei “possibili effetti avversi” ed eseguire il lavoro solo previa ricezione del consenso informato e firmato; non si possono realizzare tatuaggi a minori di sedici anni, piercing a minori di quattordici (lobo dell’orecchio eccettuato) e - qui viene usato il condizionale - “gli associati non dovrebbero tatuare punti eccessivamente visibili (mani, collo e viso) a chi ha una superficie corporea tatuata inferiore al 70%”.
Occhio anche al copyright: non è permesso copiare integralmente una creazione originale altrui, nemmeno se richiesto espressamente dai clienti.
Storia e studi, tra carceri e manicomi
Il tatuaggio, come simbolo, come memoria epidermica, come arte, ha una vicenda millenaria; tra i numerosi volumi sull'argomento, nel 1869 il dottor Ernest Berchon pubblicò l’“Historie médicale du tatouage”: una disamina dal punto di vista anatomico, fisiologico, patologico, chirurgico.
Medico della Marina, Berchon derivò i contenuti dalle sue esperienze professionali e dalla curiosità personale, ricordando quanto visto, ad esempio, in Oceania, e riproponendosi, nella trattazione, di affiancare all’occhio clinico quello etnologico.
Pochi anni dopo, 1876, l’antropologo criminale Cesare Lombroso firmò “L’uomo delinquente in rapporto all’antropologia, alla giurisprudenza e alle discipline carcerarie”, dedicando parecchia attenzione alla pratica del tatuaggio, rilevando le percentuali di coloro che ne avevano tra delinquenti e “pazzi”, rifacendosi a indagini nei manicomi di Marsiglia, Genova, Napoli e in Toscana e descrivendo le tipologie. Nel 1906 l’antropologo e medico Abele De Blasio, sulla scia di lombroso, raccolse in “Il tatuaggio” le sue osservazioni in merito, nell’ambito della malavita napoletana.