È uscito nelle sale cinematografiche italiane il 22 febbraio Il Filo nascosto di Paul Thomas Anderson. Candidato agli Oscar 2018 con ben 6 nomination, il film narra la storia del sarto londinese Reynolds Woodcock interpretato dal bravissimo attore Daniel Day Lewis.

Uno stilista dall’anima complessa

Siamo negli anni Cinquanta e Woodcock è una personalità complessa e molto particolare. È un punto di riferimento per l’alta società inglese: da lui si vestono regine, principesse, nobildonne e ricche borghesi. Sono gli anni in cui la società avverte un bisogno di rinascita e di rinnovamento dopo il grigiore causato dalla guerra.

L’High society riprende in quegli anni a vivere la vita a pieno ritmo e a dare una importanza particolare al glamour e alla ricerca del bello. A tale esigenza ben risponde la Moda dell’epoca caratterizzata da raffinati tessuti e da abiti scenografici. Gli stilisti creano esuberanti gonne a ruota, metri di pizzo, nuvole di tulle, sottogonne e bustier che esaltano le forme femminili. Reynolds Woodcock è un personaggio ispirato a figure come Digby Morton, Peter Russell, Hardy Amies, John Cavenagh, Michael Donakan. La psicologia di questo personaggio emerge soprattutto dopo l’incontro con la cameriera Alma, colei che diventa la sua musa ispiratrice pur nella sua bellezza imperfetta, spalle ‘troppo’ grandi, collo ‘troppo’ sottile, ‘troppo’ poco seno.

Una critica alla società borghese

Reynolds Woodcock è un perfezionista quasi maniacale, ama i dettagli fino allo spasimo e non accetta che qualcuno che non sappia cosa sia il buon gusto indossi un suo abito. C’è una scena nel film che fa comprendere come il regista abbia voluto lanciare una critica al cattivo gusto della borghesia dell’epoca.

Una donna borghese, priva di raffinatezza, chiede a Woodcock di confezionarle l’abito per le nozze; con poco entusiasmo lo stilista accetta. Quando però la donna cade addormentata ubriaca nel pieno del ricevimento con indosso quello splendido abito, Woodcock avverte immediatamente un senso di repulsione e disgusto per lei e corre a riprendersi l’abito.

Lo stilista comprende che quella donna non ha voluto che lui le confezionasse l’abito perché ama l’arte e la bellezza, ma solo per poter vantarsi di poterselo permettere, vale a dire indossarlo avrebbe significato che aveva abbastanza denaro per comprare un abito firmato Woodcock.

Dopo aver fatto numerose ricerche tra riviste e negozi specializzati dell’epoca e aver potuto aver accesso al Victoria Museum, il costumista Mark Bridges ha realizzato ben 50 meravigliosi abiti per questo film ricreando egregiamente lo scenario elegante dell’alta società dell’epoca, una società tutta tesa ad apparire e a dare importanza alla forma esteriore, ma non necessariamente amante e conoscitrice dell’arte e soprattutto capace di valorizzare il buon gusto.