Questa è la storia di Serafino, un bambino nato e vissuto nel cuore aspro della terra più selvaggia d'Italia, la Barbagia, isolato dal resto del mondo, che da grande sognava di diventare un artista.
Il bambino di cui parliamo non solo poté - seppure a prezzo di grandi sacrifici - realizzare il suo sogno ma, con grande spontaneità e talento innato, riuscì a trasporre dal suo mondo fantastico (e molto naif) alla tela quelle atmosfere incantate, popolate di creature sospese a metà tra l'umano e il sovra-umano, che in molti hanno imparato nel tempo ad apprezzare e ad amare.
Questa non è affatto una favola, è una storia vera. La storia di un uomo semplice e schietto che ancora oggi, in età matura, rifugge popolarità e fama: "Il successo mi spaventa - confessa - così come la folla, il contatto diretto con il pubblico, con le persone".
"Ho sempre vissuto qui, nella mia Ottana - racconta - un villaggio di circa 2.000 abitanti, tra i nuraghi della Sardegna - spiega - sin da quando ero piccolo, i miei viaggi sono sempre stati brevi e fugaci. La mia vita è stata sostanzialmente quella di uno stanziale anche in relazione al mio lavoro. Ero un finanziere, sebbene abbia deciso di lasciare presto il mio lavoro per seguire la mia passione più grande: la pittura a inchiostro policromo".
Anche la tecnologia non è la sua forza, ma ammette che la prospettiva di tentare l'avventura di un vernissage all'estero e, perché no? A Berlino, una città stimolante per molti artisti da tutto il mondo, lo attira come mai prima d'ora. Perché quel fanciullo, in lui, è ancora vivo. Curioso e assetato di conoscenza. E lo spinge ad accettare la sfida, birichino e insistente come una delle sue creature dei boschi.
Quel talento italiano così apprezzato nei Paesi nordici
Ed è prevedibile che tedeschi e anglosassoni - così amanti dei colori e del genio italiano - diventeranno grandi estimatori della sua arte, unica nel suo genere: i toni pastello, i verdi, i rossi, i gialli ocra e dorati dei suoi inchiostri mirabilmente miscelati, i movimenti pigri e sensuali delle sue figure femminili.
E i paesaggi, tripudio di elementi floreali, di frutti e ali di farfalla che rievocano l'Eden.
Un ritorno alla natura con una rappresentazione accurata e quasi fotografica della realtà che ci riporta all'arte dei pittori preraffaelliti. Come i preraffaeliti, Serafino Sanna inneggia al primitivo sentimento panico della Natura "benigna" contro la civiltà industriale, che trascina lo spettatore in un mondo fatato.
Le sue fate dei boschi hanno sguardi intensi, assorti, che ci conducono in una realtà parallela dove il tempo pare essersi fermato. In alcuni contesti risulta addirittura azzerato, avvicinando molti dei suoi soggetti alle leggende celtiche. Con un enorme, irresistibile potere seduttivo.