Che gli scrittori siano individui con una marcia in più, fa parte del sentire comune. Che corrisponda al vero o meno, può essere del tutto ininfluente per chi è appassionato di letteratura. Di sicuro, come una leggenda dura a morire o a essere normalizzata da un approccio di marca scientifica, nella stragrande maggioranza delle persone resiste la convinzione che siano portatori di una particolare ‘aura’. Insomma, è difficile resistere a quel guizzo di pensiero che li vorrebbe unici, metà filosofi e metà artisti, fari da seguire quando il mare magnum dell’esistenza porta tempesta.

Uno scrittore – specialmente se forgia bei libri – è sempre capace di dare una mano per non affogare nei problemi. Quindi e a questo punto, sono come psicologi sui generis che operano a distanza attraverso una sorta di 'libroterapia'. È in questi territori che conduce la nuova pubblicazione di Renate Dorrestein, “Il club delle lettrici” (Guanda, pag. 176), data di uscita 7 giugno 2018.

Un club di lettura

A testimoniare la bontà di quanto affermato in precedenza, soccorre – nel romanzo – un gruppetto nutrito di lettrici entusiaste e, va da sé, divoratrici delle efficaci storie ospitate nelle pagine scritte da uno scrittore particolarmente convincente, Gideon de Wit. Quest’ultimo sembra avere proprio quel potere che risulta vincente in un auditorio di marca femminile: il romanziere sprigiona nelle sue narrazioni un fascino al quale quelle donne stentatamente riescono a resistergli.

Le lettrici inventate dalla Dorrestein organizzano un club, quello che poi dà titolo al libro: “Il club delle lettrici”. Quindi, a esse, la scrittrice e giornalista olandese affida la possibilità di riunirsi in nome della letteratura e del lucente scrittore.

La crociera rivelatrice

La narratrice fornisce con precisione tutti i nomi che scorrono sulle pagine del suo romanzo: Tillie, Leonie, Annabel, Martha, Jo, Willemien e, infine, Barbara.

E informa succintamente dei loro principali dati salienti. Tutte olandesi, tutte amiche, tutte di mezza età. E tutte infervorate da quella che sarà, per loro, la crociera del secolo. Da fare puntualmente con il migliore romanziere di tutto il Novecento e del secolo coevo. Questo è per loro Gideon de Wit. Peccato che, in questo frangente fa capolino la garbata ironia della narratrice, le loro infiammate aspettative vengano ridimensionate: il loro eroe non ha molto – caratterialmente – di ciò che si poteva evincere dai suoi scritti; anzi, è notevolmente poco simpatico e brillante.

Senza contare che, scorrettamente, si presenta in evidente ritardo e con una mise, pantaloni in pelle attillati e coda di cavallo, la quale, associata a una forma fisica non precisamente coincidente con la quarta di copertina dei suoi Libri, rendono ancora più deludente l'esperienza delle sue fan.