La mostra in svolgimento nelle Sale Viscontee del Castello Sforzesco ci consente di attraversare un secolo d’Arte per cogliere l’evoluzione di correnti e tendenze, ma anche per scoprire il tesoro delle raccolte civiche milanesi. Un patrimonio immenso, che per ragioni di conservazione – è di carta e quindi fragilissimo – è per lo più celato, ma che testimonia anche il sodalizio felice fra Milano e l’arte del Novecento. Perché la Firenze del Rinascimento, il ‘500 veneziano con Tiziano e Tintoretto, la Roma di Caravaggio e del Barocco insegnano una cosa: che l’arte, la grande arte, ha bisogno di artisti, ma anche di committenti e collezionisti.
Il collezionismo padre delle città d’arte
Cosa sarebbe l’arte italiana senza i Medici o i Cardinali romani da Scipione Borghese a Francesco Maria del Monte? Anche Milano, per la verità, vide duchi e signori, ad esempio Ludovico il Moro, impegnati nel tentativo di dare impulso alle arti e lustro alla città, ma la sorte non fu benigna. Caravaggio, che all’ombra della Madonnina era nato e iniziò a dipingere, non lasciò nulla sulle rive dei Navigli e le due opere presenti oggi – la Canestra di frutta alla Pinacoteca Ambrosiana e la Cena in Emmaus alla Pinacoteca di Brera – sono arrivate quando il pittore si era già affermato a Roma. La Cena in Emmaus addirittura solo nel 1939. Anche Leonardo, che alla corte degli Sforza soggiornò a lungo, ha lasciato in città più opere d’ingegneria e di idraulica che d’arte.
Molti dei suoi quadri sono finiti all’estero. Tanto da far pensare che solo per pura combinazione – e la fortuna che fosse un dipinto murale - l’Ultima cena non sia appesa in qualche museo di Parigi o di Londra. Milano, dunque, tra le principali città italiane sembra essere un’eccezione negativa: una città refrattaria all’arte.
In realtà, il capoluogo lombardo un suo periodo d’elezione ce l’ha: il Novecento. Il secolo scorso, infatti, dal punto di vista artistico, sta a Milano come il Barocco a Roma o il Rinascimento a Firenze e questo soprattutto grazie al gran numero di collezionisti che, dopo la loro morte, hanno lasciato le loro raccolte a musei ed enti pubblici.
Milano città del Novecento
È grazie a queste donazioni che sono nate le raccolte civiche milanesi che hanno dato origine ad alcune delle realtà museali cittadine: la Galleria d’Arte Moderna, il Museo del Risorgimento, il Museo del Novecento, il Mudec – Museo delle Culture. Ecco perché chi voglia approfondire la conoscenza dell’arte moderna italiana non può non fare tappa a Milano. E questo sarà ancor più vero dall’anno prossimo quando la pinacoteca di Brera, finalmente, potrà esporre, nel recentemente restaurato Palazzo Citterio, le sue opere di arte moderna e del ‘900, soprattutto quelle donate da Emilio e Maria Jesi, 66 pezzi che comprendono tra l’altro lavori di Pellizza da Volpedo, Boccioni, Severini, Morandi, Carrà, De Pisis, Picasso e Arturo Martini.
Quella delle collezioni private, a Milano è una tendenza che resiste e si rinnova: la Fondazione Prada, con la sua Torre da poco inaugurata, è senza dubbio uno dei migliori esempi di raccolta di arte contemporanea in Italia. Se siamo appassionati di arte moderna e contemporanea, mentre attendiamo l’apertura delle nuove sale della pinacoteca braidense, possiamo, in ogni caso, approfittare di una mostra in svolgimento al Castello Sforzesco e che è stata prorogata fino al 22 luglio: "Novecento di carta. Disegni e stampe di maestri italiani dalle raccolte civiche di Milano e dalle collezioni di Intesa Sanpaolo", promossa e organizzata da Comune di Milano – Cultura, Soprintendenza del Castello Sforzesco e da Electa e curata da Claudio Salsi con la collaborazione del comitato scientifico delle collezioni grafiche.
All’ombra della Madonnina, infatti, accanto a quadri e sculture di musei e pinacoteche, c’è anche un altro tesoro per lo più nascosto: quello fragile e prezioso, costituito dalle opere su carta. Schizzi, disegni, progetti e stampe che fanno parte delle diverse raccolte civiche. Ed è una parte di quel patrimonio che è esposto nelle Sale Viscontee del Castello.
Un’antologia su carta dell’arte italiana
L’esposizione "Novecento di carta" si configura come una galleria di pittori, scultori e incisori italiani, presentati seguendo un percorso cronologico in cui si innestano focus tematici dedicati alle singole collezioni o a particolari momenti. Qualcuno, pensando alla carta, può ritenere si tratti di un’esposizione "di nicchia", unicamente per esperti del settore.
In realtà la ricchezza delle informazioni a corredo delle opere permette a tutti di avvicinarsi ai grandi artisti cogliendone i tratti salienti. In mostra sono più di 200 opere di oltre 100 artisti, tra cui: Alberto Martini, Marcello Dudovich, Carlo Carrà, Umberto Boccioni, Fortunato Depero, Amedeo Modigliani, Mario Sironi, Giorgio de Chirico, Giorgio Morandi, Lucio Fontana, Fausto Melotti, Renato Guttuso, Alberto Burri, Enrico Baj, Michelangelo Pistoletto e Alighiero Boetti, solo per citarne alcuni. In pratica un percorso che racconta l’evoluzione dell’arte grafica nel corso di un secolo, ma anche un esempio dell’immenso tesoro costituito dalle raccolte civiche. Un patrimonio che comprende quasi un milione e mezzo di lavori e fra questi oltre 16.000 relativi a secondo Ottocento e Novecento.
Sono sette, infatti, gli istituti civici che possiedono collezioni di opere su carta e da cui provengono quelle esposte. Ai quali si aggiungono le stampe dalla Collezione Intesa Sanpaolo di grafica del Novecento. La storia di queste raccolte, inoltre, si intreccia con quella della città e di uno dei suoi monumenti più rappresentativi: il Castello Sforzesco che sul finire del XIX secolo venne restaurato dall’architetto Luca Beltrami proprio allo scopo di ospitare musei e istituti culturali.
Un racconto per immagini lungo un secolo
Disegni, stampe e libri d’artista compongono un grande racconto per immagini, che conduce il visitatore dalla prima acquaforte del 1869 fino all’ultima serie di stampe della fine degli anni Settanta del secolo scorso.
Un viaggio all’interno dell’arte del Novecento italiano che fornisce una visione d’insieme, ma regala anche la possibilità di cogliere aspetti inediti e prospettive insolite di molti artisti. Così le opere esposte di Alberto Martini ci raccontano del rapporto con le tendenze internazionali. Di Umberto Boccioni, di cui le raccolte milanesi conservano numerose opere, la mostra propone tre disegni del periodo futurista, ma anche tre incisioni del 1907 di una sensibilità straordinaria. Proseguendo il cammino si può assistere al ritorno alla figura nel periodo successivo al futurismo. Il disegno e le tecniche a stampa sono visti allora quali sedi privilegiate di riflessione e di "ritorno al mestiere" come teorizzato da Giorgio de Chirico che nel 1919 affermava: "I nostri maestri prima di ogni altra cosa c’insegnarono il disegno; il disegno, l’arte divina, base di ogni costruzione plastica, scheletro di ogni opera buona, legge eterna che ogni artefice deve seguire".
Diversi i disegni di Amedeo Modigliani esposti, il segno della sua fortuna presso i collezionisti milanesi. Altro protagonista dell’arte italiana e della mostra è Mario Sironi, uno dei fondatori del movimento Novecento.
Il disegno tra espressione e sperimentazione
Per Sironi il disegno riveste un ruolo fondamentale tanto da diventare mezzo di espressione autonomo non solo legato alla fase preparatoria di un’opera. La carta sarà per lui luogo di studio costante. Il rapporto con la grafica d’arte è importante anche per Giorgio Morandi, a cui nel 1930 venne attribuita "senza concorso e per chiara fama" la cattedra di Tecniche incisorie presso l’Accademia di Bologna. Per Lucio Fontana il disegno e le opere su carta assumono ruoli diversi.
Per Fontana – di cui quest’anno ricorre il cinquantenario della morte - il disegno è mezzo per fissare un’idea, sede di definizione di un progetto, modo di ricerca ma anche il luogo del "gesto". E che grafica e carta si prestino anche alla sperimentazione, lo dimostrano anche le opere esposte di Alberto Burri, bravo a sfruttare al massimo le potenzialità delle tecniche di incisione, dove affronta i medesimi temi che tratta in pittura, nel tentativo di raggiungere analoghi effetti materici. Gli anni ‘60 e ’70 sono quelli delle sperimentazioni che utilizzano in modo nuovo anche la grafica d’arte. Ne sono un esempio le opere dell’arte povera, che si rifanno alle tecniche industriali e alla serialità giungendo fino agli esiti più estremi e al superamento del concetto di originalità e unicità. La matita, il disegno e la carta non sono però mai abbandonati come testimonia Michelangelo Pistoletto.