Non è un momento particolarmente felice per le borse mondiali, spaventate dai dazi annunciati da Donald Trump e, ancora di più, da quelli minacciati. C’è un titolo, però che sembra non risentire di questo malessere generalizzato: quello della grande Mela. Le azioni Apple, infatti, veleggiano sopra i 177 dollari, per una capitalizzazione complessiva che ormai si avvicina a quella di un trilione (mille miliardi) di dollari. Questo grazie ai risultati presentati lo scorso 1° agosto dal Ceo Tim Cook e relativi al trimestre fiscale che si è chiuso lo scorso 30 giugno.

Un trimestre che, a detta del manager succeduto a Steve Jobs, è stato "il migliore trimestre di giugno e il quarto trimestre consecutivo con una crescita a doppia cifra del fatturato". I conti parlano di ricavi pari a 53,3 miliardi, in rialzo del 17% annuo e sopra le previsioni degli analisti per 52,34 miliardi. Forte aumento anche gli utili saliti del 32% annuo a 11,52 miliardi di dollari, con una crescita per azione del 40% a 2,34 dollari, sopra le previsioni del mercato di 2,18 dollari per titolo. L’azienda di Cupertino appare, dunque, in salute e questo nonostante qualche segnale di appannamento sul fronte dei prodotti. Il numero di iPhone venduti, per esempio, è stato inferiore alle attese: solo 41,3 milioni di unità con un modesto + 1% rispetto all'anno scorso.

In calo, inoltre, sono stati i ricavi legati all'iPad, -5% annuo, nonostante un aumento delle unità vendute, anche qui +1%. In diminuzione anche il numero di Mac venduti. È cresciuto però abbondantemente il settore che comprende l'Apple Watch, l'Apple TV, i prodotti Beats, l'iPod, le cuffie wireless AirPods e accessori di parti terze che ha fatto registrare un +37%.

E se lo smartwatch Apple risulta essere il più venduto della sua categoria è però sul fronte dei servizi dove l’azienda di Cupertino mostra la sua vera forza. In questo segmento - che comprende App Store, AppleCare, Apple Pay, Apple Music e Cloud Services - i ricavi hanno superato per la seconda volta di fila i 9 miliardi di dollari, arrivando al record di 9,5 miliardi (+31% annuo).

Una performance che Cook ha definito "stellare" e che mostra come stia cambiando la filosofia stessa della grande Mela. Un cambiamento che abbiamo potuto osservare da vicino qualche giorno fa con l’inaugurazione, il 26 luglio, del nuovissimo Apple Store a Milano. Iconico, scenografico, innovativo si è presentato fin da subito come un negozio non pensato solo per fare acquisti, ma anche come un luogo dove incontrarsi e dare spazio alla creatività. Uno spazio dove l’architettura è funzionale alla nuova mission aziendale e l’estetica e il marketing vanno a braccetto.

Lunghe file per l’inaugurazione

Se il buon giorno si vede dal mattino si prospetta un futuro roseo per l’Apple Store inaugurato una settimana fa a Milano, in piazzetta del Liberty a due passi da Corso Vittorio Emanuele II e dal Duomo.

L’apertura al pubblico è stata accompagnata, infatti, dalla coda formatasi già la sera prima e da decine di persone che hanno trascorso la notte in fila per essere le prime a entrare nello Store. La casa di Cupertino, del resto, ci ha abituato a lanci e presentazioni in grado di suscitare aspettative. Da sempre stimolare l’attesa per un evento o il lancio di un prodotto è stato una delle sue strategie di marketing. Questo anche grazie ad anticipazioni che contribuissero ad aumentare la curiosità del pubblico. In questo caso, però, al centro della scena non c’era un prodotto, un nuovo smartphone o uno strumento rivoluzionario – come lo sono stati l’iPod, l’iPhone o l’ìPad, solo per citarne alcuni - bensì un negozio.

Certo non un negozio normale, ma il più iconico e innovativo che potesse aprirsi a Milano. E che non sarebbe stato un punto vendita normale lo si sapeva da molto e anche i tempi lunghi e i ritardi hanno contribuito ad aumentare l’attesa amplificando l’eco dell’evento. Lo Store, inoltre, ha tutto per essere considerato speciale, a partire dalla superficie, perché se è vero che è il diciottesimo che la casa della grande Mela apre nel nostro Paese e altrettanto vero che con i suoi 3500 metri quadrati si tratta di uno dei più grandi al mondo, secondo per dimensioni solo a quello di San Francisco.

Molto più di un semplice negozio

A renderlo un’icona ancor prima di essere inaugurato ci ha pensato poi il progetto di Norman Foster e la sua architettura spettacolare, caratterizzata da un parallelepipedo di vetro che, grazie a fontane e ben 56 getti, simula una cascata d’acqua – la calura di questi giorni di fine luglio sembra poi fatta apposta per renderla ancora più appariscente – e che raggiunge gli otto metri di altezza.

La scenografica cascata non deve però trarre in inganno. Non si tratta, infatti, solo di un'attrazione commerciale, perché l’intero negozio si propone piuttosto come un luogo di incontro prima che di vendita. Un edificio bello da vedere - in realtà non si vede molto se non la cascata, perché lo store si sviluppa sotto il livello stradale, in quelli che erano gli spazi del cinema Apollo, e per accedervi occorre scendere una scalinata - come possono esserlo gli edifici del XXI secolo. Solo per restare a Milano, per esempio, i nuovi grattacieli di Porta Nuova o City Life, dalle forme insolite e per questo così caratteristici. Rispetto ai grattacieli degli archistar, l’Apple store ha però qualcosa di sostanzialmente diverso: ovvero la volontà e la capacità di dialogare con la città.

È uno spazio, infatti, che si armonizza con la piazza a partire dall’ampio scalone che simula un anfiteatro. Un luogo dove sedersi e incontrarsi e dove l’acqua e il marmo richiamano in modo diretto le antiche piazze italiane.

Marmo e acqua richiamano le antiche piazze

Attraversata la cascata, si entra nello store dove predomina il marmo: la tipica beola grigia di tanti edifici milanesi, che proviene direttamente dalle Alpi lombarde ma è stata lavorata nello stabilimento Campolonghi di Massa Carrara. Un esempio ulteriore di come nulla sia stato lasciato al caso. Nella casa della tecnologia più avanzata, a regnare è dunque la tradizione. Quasi una provocazione se non si tenesse conto di quanto affermato dai manager Apple in questi giorni, ossia che il nuovo punto vendita, in realtà, non vuole solo vendere o consegnare prodotti, bensì mettere a disposizione di tutti uno spazio dove attraverso workshop e lezioni si dimostrano le potenzialità dei mezzi disponibili, ma soprattutto dove tutti possono non solo imparare ma iniziare a creare.

Questo grazie al progetto "Today at Apple", arrivato in Italia l’anno scorso e che propone corsi gratuiti per imparare a usare app e dispositivi dell’azienda di Cupertino. Quella intrapresa dalla casa della grande Mela con il suo nuovo Store, non è dunque una sfida che si giocherà sul campo del numero di iPhone venduti o di scontrini battuti, semmai su quello della partecipazione e del coinvolgimento del pubblico. Per questo il nuovo negozio è così diverso: il suo intento è più educare che vendere. Da questo punto di vista le tante persone in fila per l’inaugurazione – pochi tra l’altro con l’intento di acquistare - sembrano darle ragione. Le iniziative e i prodotti Apple, del resto, sanno sempre suscitare curiosità; il nuovo Store da parte sua ha tutto per attrarre visitatori, la scommessa allora è trasformare la curiosità in voglia di imparare.