Internazionale, Festival dedicato a giornalismo, comunicazione, arte, che si è svolto a Ferrara dal 5 al 7 ottobre 2018, si è concluso, giunto alla dodicesima edizione, con un record di 79mila presenze, 215 ospiti, dei quali la metà è stata rappresentata da donne, provenienti da 44 Paesi dei 5 Continenti per un totale di 250 ore di programmazione e 112 incontri. Su questo sfondo, il Direttore di RaiRadio3 Marino Sinibaldi, ha intervistato lo scrittore britannico Hanif Kureishi, l'autore del libro "Il Budda delle Periferie", tradotto in venti lingue e dal quale la Bbc ha ricavato una serie televisiva all'inizio degli anni Novanta.
Si è esaminata la periferia come "luogo dal quale provengono le storie", in primo luogo quella dello stesso Kureishi, di padre pakistano e madre inglese, portatore di una curiosità intellettuale e di uno slancio culturale raddoppiati dalla sua origine "mista", una miscela esplosiva nella Londra degli anni Sessanta.
Nella periferia la leggenda
"Kureishi è nato nella periferia sud di Londra, una periferia vera ma leggendaria - ha affermato Marino Sinibaldi - e andava a scuola con David Bowie. Pensare che in una scuola di periferia degli anni Sessanta londinesi ci fosse questa ricchezza, questa inventiva, dimostra la fondatezza di quello che asserisce Kureishi, ossia che le periferie sono luoghi difficili ma interessanti.
Io penso che questa verità sulle periferie si perda se, magari non troppo consapevolmente, le si demonizza, dato che si tratta di luoghi sicuramente più complessi da vivere, ma belli ed interessanti da osservare. Il peggior delitto che potremmo commettere contro queste realtà è di abbandonarle, ma il secondo è quello di descriverle in un modo approssimativo e penalizzante, anche nel nominare semplicemente la propria provenienza periferica.
Sento molto il rischio che si stigmatizzi con un marchio negativo qualcosa che invece fa parte dell'esperienza di vita e come ogni esperienza di vita è piena di cose molto diverse per le quali risulterebbe insufficiente l'univocità di valutazione".
Cultura pop, omologazione e senso critico
"L'esperienza individuale di Hanif Kureishi ma anche quella della sua generazione è avvincente - ha proseguito Sinibaldi - perchè quella che al tempo della sua adolescenza (è nato nella metà degli anni Cinquanta) era una cultura pop considerata "marginale" o "alternativa", a distanza di tempo noi la vediamo come un fenomeno culturale pieno.
Potremmo riferirci a vari esempi, la musica dei Beatles per dirne una, ma anche l'arte di quello stesso periodo. Ricordo anche che anni fa andai a Birmingham e vidi una mostra nel Museo della città sull' "Heavy Metal" già musealizzato. Possiamo, quindi, imparare che stando dentro il flusso del tempo non è semplice per noi capire che cosa è pop, magari deteriore e destinato ad essere dimenticato e che cosa, invece, rimarrà. Per queste ragioni è consigliabile una certa prudenza, occorre un pò di tempo per far sedimentare i fenomeni, scorgerne la luce. Non sono molto favorevole alle distinzioni fra "cultura accademica" e culture "altre", ma trovo molto più interessante moltiplicare i canali di connessione e di giudizio estendendo l'orizzonte conoscitivo: più cose sai e più sei in grado di commentare e valutare.
Oggi siamo pieni di cose ma ne conosciamo a fondo poche. L'unica arma è dunque la cautela, la capacità di formare un proprio individuale quadro di giudizio allargando l'area delle esperienze in modo da attenuare fraintendimenti e malintesi".
Multiculturalismo e solidarietà
"Multiculturalismo è una parola difficile - ha precisato Sinibaldi - che vuol dire riconoscere valore a culture diverse. Significa riconoscere lo stesso valore? Già qui entriamo nel campo di qualcosa che mette in discussione i nostri principi. Io penso, ad esempio, all'uguaglianza uomo-donna che dovrebbe corrispondere ad un valore superiore a qualunque cultura locale che invece accetti le discriminazioni. Il multiculturalismo è un modello diverso dall'integrazione in base al quale chi arriva in un paese straniero non è costretto ad assumerne i tratti culturali ma può mantenere i propri.
Anche in questo caso, la singolarità di Kureishi ci aiuta a comprendere che una persona portatrice di culture diverse, come lui, per ragioni familiari, alza, in realtà, la qualità generale del contesto civile. E' in grado di contribuire, rivitalizzare, aggiungere. Questo è il vero valore della multiculturalità. E' vero, bisogna ammetterlo, una cosa è proclamarlo leggendo dei Libri, altra è viverlo abitando in una periferia male assistita. Non abbiamo una soluzione ma sicuramente non è una soluzione una chiusura identitaria".
Politica e umanità
"Questo è un problema enorme - ha precisato Sinibaldi - perchè le contraddizioni culturali per me sono un elemento di vitalità, ma la politica diventa un fattore di contrasto, persino di paralisi.
Anzi quello che accade oggi non è la paralisi della politica, ma peggio, una sua invadenza in forme aggressive di fronte a valori che dovrebbero essere a parte, come quello della solidarietà o, in generale, dell'umanità. La politica invade quello che dovrebbe essere proprio di ogni relazione umana, l'assistenza, il farsi carico, almeno in parte, dei problemi di chi ha bisogno. La sfera politica dovrebbe poi sviluppare progetti di integrazione ed accoglienza e, a mio parere, ha solo una forza apparente perchè dispone di possibilità molto limitate nel decidere della vita delle persone. Economia e tecnologia sono più forti ed in grado di condizionare maggiormente i nostri destini.
Debolezza della politica, forza delle idee
La vera contraddizione del nostro tempo - ha concluso Marino Sinibaldi - è che la politica è troppo debole per governare i grandi flussi economici, le invenzioni tecnologiche che ormai la scavalcano. Si "sfoga", quindi, con chi è più debole, cittadini inermi e, in primo luogo in questa epoca, i migranti. Ricorrono, però, occasioni come questa del Festival "Internazionale" in cui migliaia di cittadini si riuniscono per confrontarsi, discutere, apprendere. Non posso escludere l'elemento della temporaneità legata all'evento, ma, probabilmente, è anche ricavabile un'ipotesi consistente, cioè che una buona parte del Paese non sceglie la drammatizzazione dello scontro politico o le prime pagine dei giornali cariche di insulti, ma si orienta verso la riunione costruttiva delle idee, la conoscenza, in una dialettica vasta, vivace e da condividere.