Non si può parlare di canzone d’autore senza citare Fabrizio De André. Sarebbe un errore, una colpevole omissione che priverebbe il cantautorato di uno dei suoi maggiori capisaldi, una colonna imprescindibile che ha sostenuto la struttura poetica di quella musica italiana che si sviluppò dal 1970 fino alla fine del secolo scorso, e che vede in Fabrizio De André uno dei capisaldi della canzone d'autore. Con il termine canzone d’autore si definisce una forma d’Arte che invoca l’esistenza di un “autore”, in assoluto inteso come creatore. La canzone d’autore è una produzione musicale che non considera il testo un semplice fenomeno di consumo, ma un canale privilegiato di comunicazione in grado di veicolare messaggi.
Dalle sue origini politiche al passaggio a fenomeno di mercato, negli anni Ottanta la canzone d’autore abbandona i temi di rilievo sociale per occuparsi della persona, mentre contemporaneamente assistiamo a un parallelo arricchimento delle forme e delle risorse musicali, in relazione alla comparsa di nuove tecnologie. Dalla politica all'anima, è questo il percorso implodente della canzone d'autore, e anche De André segue questa direzione.
Le radici
Non si può parlare di De André senza partire dalle sue radici, da quella scuola straniera che passa da Bob Dylan e Leonard Cohen, approdando poi agli stilemi francesi degli "chansonnier" (Georges Brassens, ma non solo). Radici che hanno sostenuto la lunga carriera di De André, troppo presto interrotta da una malattia che ha privato il mondo della sua voce suggestiva.
Come cantautore è stato il primo a sporcare le atmosfere gioiose e rosa della "canzonetta" italiana, scrivendo ballate intrise di realismo e pessimismo, pregne di emarginazione e derelitti, di quelle anime perse nelle quali De André si è sempre riconosciuto, quell'umanità che amava follemente e che riempie i testi delle sue canzoni.
La poetica
La poetica di De André è ispirata dalle ballate medievali, dall'Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters, dai Vangeli apocrifi, da Baudelaire, dalla tradizione sarda e dalla filmografia di Fellini. Argomenti che hanno seguito in parallelo un'intelligente evoluzione musicale mai piegata alle facili mode del momento e ai compromessi.
Il linguaggio di De Andre' è quello di un poeta fuori dal coro, una voce malinconica e sincera, una mosca bianca che insegue la forza splendente e dissacrante dell'ironia e attraverso di essa frantuma ogni convenzione.
De André detesta i benpensanti, i farisei, gli ipocriti e i cialtroni, figure metastoriche che attraversano ogni tempo. Quello di De André è un messaggio luminoso di riscatto e anarchia, in nome di una libertà di pensiero che De André indossa meticolosamente nelle canzoni, come un vestito che oggi sembra ormai diventato fuori moda. Le canzoni di De André rappresentano una vetta elevatissima dell’arte. Ma è difficile spiegare tutto questo a mio figlio, alle generazioni di oggi, troppo presto date in pasto a una musica che è soprattutto mercato, glitter, trap e paillettes. Meglio allora lasciar parlare la musica di Fabrizio, la sua arte sopraffina, la voce vellutata e inimitabile di De André. Ascoltatelo, non serve altro.