Con un titolo che incoraggia a lasciare da parte la pigrizia post vacanziera, ma che tende ad andare molto più a fondo nella disamina in gioco, la scrittrice Veronica Benini torna a breve in libreria.

Il libro si intitola, “La vita inizia dove finisce il divano” (De Agostini, pag. 219) ed esce il 24 settembre 2019.

La romanziera, toscana ma di origini argentine, è arrivata alla scrittura spostandosi da un’area abbastanza lontana dalla parola scritta. Infatti ha nei suoi trascorsi la frequentazione di uno studio ingegneristico parigino. Tuttavia, alla fine, anche scrivere è ingegneria: precisamente ingegneria delle parole.

Lei, che nel famoso studio non mancava mai di presentarsi con i tacchi, a un certo punto della sua vita, ha deciso di interessarsi delle problematiche spicce o profonde che le donne si trovano ad affrontare nel quotidiano. In altre parole, è passata dall’alzare le caviglie all’alzare l’autostima di chi la legge e ha bisogno di un consiglio.

Il nuovo libro

Veronica è una giovane donna che, nell’ambito delle conquiste possibili di una vita regolare, corrisponde ai canoni desiderati dalla maggior parte degli individui femminili di questo pianeta.

Insomma, il lavoro che esercita è quello che ha sempre voluto fare, e non uno accettato per arrangiarsi; con il ragazzo che ha sposato sono diventati marito e moglie perché lo hanno voluto fortemente ambedue; vivono a Parigi in una casa luminosa.

Quando l’ha arredata vi ha messo perfino un divano particolare: quello che dall' infanzia aveva promesso a sé stessa di comprare. Poi il castello si sgretola come fosse fatto di sabbia estiva. La notizia di un cancro al collo dell’utero è il primo step verso la deflagrazione rovinosa di tutto il suo mondo. Segue l’addio da parte del marito con il quale divorzia, e poi la percezione delle cose di ogni giorno che sembrano altro: irriconoscibili e prive di importanza; inutili, come sente se stessa.

L’unica soluzione è quella di trovare una luce in altra direzione. Ed è quello che fa la protagonista.

L’autostima

In questo romanzo non è difficile individuare, più o meno occultato dagli eventi che straripano sulla figura di Veronica, quel sentimento che rende degni di essere vissuti i giorni di ognuno. Si tratta dell’autostima.

Infatti, quando la protagonista apprende l’angosciosa notizia inerente alla sua patologia, si aggrappa al primo strumento che ha fra le mani – o meglio e più precisamente, nella testa, lì dove dimora la coscienza di ciò che si è; o, nei casi peggiori, di quello che si crede di essere.

Quella dell’auto-percezione è materia abbastanza difficoltosa da trattare in maniera esaustiva, tuttavia è riassumibile in poche frasi: “Abbi fiducia in te stesso” e “Ma chi ti credi di essere”. In mezzo a questi estremi dovrebbe trovare posto quel sentimento di auspicabile equilibrio, senza il quale l’esistenza rischierebbe di oscillare verso uno dei poli disfunzionali.