Il rapporto con l'attualità, con quello che accade ogni giorno in ogni parte del mondo, è l'aspetto fondativo del Festival dedicato a comunicazione e giornalismo, promosso dalla rivista di geopolitica Internazionale, che si è svolto a Ferrara dal 4 al 6 ottobre. L'edizione 2019 è stata contrassegnata dalla centralità delle tematiche ambientali, al punto che anche gli ospiti invitati per trattare argomenti diversi hanno finito col concentrare parte dei loro interventi sulle questioni cruciali dell'inquinamento e del mutamento climatico. Le sollecitazioni verso la salvaguardia dell'habitat naturale e della salute si sono espresse in modo pervasivo, come ha notato Marino Sinibaldi, Direttore di Rai Radio3 (media partner della manifestazione) che ha dato risalto, inoltre, ad un altro aspetto saliente: la presenza dei giovani che hanno accalcato ogni spazio del Festival per ascoltare gli esperti, per porre domande, per interrogarsi fra di loro mettendo in piedi, magari, qualche buon progetto.

E' stata questa la forza propulsiva dell'evento finale, domenica 6, al Teatro Comunale dove sono stati i ragazzi a dar voce ad un radicale bisogno di mobilitazione perché saranno loro a vivere le conseguenze dell'emergenza climatica.

Il futuro migliore

Quale sia il futuro migliore è una domanda aperta che si sostanzia di contributi scientifici ma, soprattutto, dell'attenzione e dell'impegno di singoli e aggregazioni sociali. "Il futuro migliore " è il titolo del libro di Paul Mason, commentatore britannico dello schieramento antibrexit, presente ad "Internazionale" dove ha dichiarato che quella attuale è la generazione di giovani più istruita della storia. Mezzi di resistenza alle derive del dissesto planetario sono, dunque, le conoscenze, i collegamenti delle tecnologie, lo scarso adattamento giovanile alla sottomissione gerarchica, ma Mason, come spiega nel suo saggio, va anche oltre: "Quello che vediamo oggi - ha precisato - è che ci sono milioni di ragazzi e di ragazze che riempiono le piazze dei loro Paesi.

Le invadono con i loro corpi, la loro scelta di opposizione ad un certo sistema è fisicamente visibile, tanto che saremmo indotti a domandarci perché lo fanno, perché si espongono ad un tale rischio, come sta succedendo ad Hong Kong. L'informazione dovrebbe, forse, occuparsi meno di critica letteraria e pensare di più al valore umano dei nostri corpi.

Io sono completamente convinto del fatto che per difendere un essere umano è necessario, per prima cosa, agire da "esseri umani". Non tutti sono obbligati ad occuparsi di politica o a partecipare alle manifestazioni, ma tutti dovremmo impiegare, a modo nostro e secondo le nostre sensibilità, energie per comprendere che direzione, quale orientamento abbiano i nostri corpi".

Infatti la prima storica definizione dei diritti umani contenuta nella Magna Charta inglese del 1215 conteneva un "Habeas Corpus".

Sull'asfalto di Piazza Verdi

Ancora tantissimi corpi di giovani seduti sul cemento di Piazza Verdi a Ferrara o assiepati sui muretti che ne circoscrivono il perimetro mentre non si contavano le persone rimaste in piedi. I privilegiati che hanno occupato le sedie, subito esaurite, hanno più comodamente assistito al dibattito del tardo pomeriggio di sabato 5 ottobre moderato da Fabio Ciconte, esponente di "Terra! Onlus". "Vivere felici senza plastica" era il titolo dell'incontro al quale hanno partecipato i due coniugi attivisti canadesi Chantal Plamondon e Jay Sinha che in un libro hanno trasferito raccomandazioni e consigli applicabili individualmente per arginare la sopraffazione della plastica.

Un'opera scritta a quattro mani ideata dopo la nascita del primo figlio al quale garantire un'esistenza futura meno inquinata. Piatti, bicchieri, posate di plastica, andrebbero banditi ma molto nella riduzione delle materie plastiche si può ottenere attraverso il loro riciclaggio, come ha dichiarato Adriano Turrini di Coop Alleanza 3.0. Fra gli ospiti del convegno anche il sociologo Giorgio Osti, docente all'Università di Trieste, che si è soffermato su alcuni aspetti critici che riguardano le nostre abitudini. "Dovremmo chiederci - ha chiarito - quale sia la ragione per la quale la plastica rappresenti quasi una struttura dei bisogni dell'uomo moderno. Che cosa ci fa ricorrere come un automatismo alla plastica?".

Osti ha posto l'accento nuovamente sulla corporeità, più esattamente sull'ascetismo inteso come capacità di osservare proprie regole . "Una vita senza plastica - ha commentato - dipende anche dall'acquisizione di una disciplina comportamentale che ci induca a selezionare i nostri consumi diminuendo l'utilizzo della plastica".