Il 2 agosto 1921 moriva a 48 anni il celebre tenore napoletano Enrico Caruso: ricorre quindi in queste ore il 100° anniversario dalla scomparsa di uno degli artisti italiani più famosi nel mondo.

Le celebrazioni dedicate al tenore napoletano

A 100 anni dalla morte il tenore ha ricevuto dalla sua Napoli il giusto omaggio: a Via Santi Giovanni e Paolo del rione Giovannello, la casa natale del cantante napoletano, per volontà degli eredi, è diventata un museo dove sono stati esposti tutti i cimeli per ricordarne la vita e la carriera. In totale sono 125 oggetti provenienti per la maggior parte dall'Enrico Caruso Museum di Brooklyn, dove ha ricevuto la sua consacrazione definitiva come stella della musica lirica.

Non solo: è stata aperta al pubblico, dopo un restauro recentemente terminato, la tomba di famiglia dove è deposto il suo corpo, al cimitero di Santa Maria del Pianto, lo stesso dove è sepolto un altro grande artista napoletano, Antonio “Totò” de Curtis, il re del cabaret italiano e star della commedia italiana degli anni Cinquanta e Sessanta.

Non solo aperture e mostre: nel prossimo periodo sono previsti anche concerti e presentazioni di libri dedicati al cantante lirico che ha infiammato con la sua bravura il cuore di tanti italiani. Le celebrazioni si susseguiranno fino al 2023, in ricordo del 150° anniversario della sua nascita.

La vita e la carriera di Enrico Caruso

Enrico Caruso nato a Napoli il 25 febbraio del 1873 da genitori originari di Piedimonte Matese, Marcellino Caruso, operaio metalmeccanico e Anna Baldini casalinga.

Passa la sua infanzia nella zona tra piazza Carlo III e piazza Otticelli. A 10 anni comincia a lavorare come aiuto operaio nella stessa fabbrica dove il padre è impiegato. È il periodo della Napoli degradata, del colera del 1883, ma è anche la Napoli del bel canto con la presenza del teatro San Carlo, tempio della lirica dell'Italia meridionale, tornato agli antichi splendori.

Il giovanissimo Caruso comincia a esibirsi nelle varie chiese come voce solista, notato dai parroci per la sua voce cristallina, ma ancora acerba per via dell'età. Il ragazzo si rende conto presto che, per essere un vero cantante, deve studiare: da qui la decisione di andare a lezione dal maestro Guglielmo Vergine, il quale lo induce a esibirsi in cambio del 25% degli incassi degli spettacoli.

In seguito ad alcuni insuccessi il giovane tenore cambia insegnante, affidandosi alle cure di Vincenzo Lombardi. Il suo vero debutto è datato 7 luglio 1897 a Livorno, con la Traviata: è qui che diventa il “grande” Enrico Caruso.

Il 1900 è l'anno della definitiva consacrazione: si esibisce alla Scala di Milano sotto la direzione di un altro giovane talento, il direttore d'orchestra Arturo Toscanini. Nella sua città natale non ha mai ricevuto gli onori raccolti altrove: il 30 dicembre 1901 interpreta al San Carlo “L'elisir d'amore”, ma una fazione di notabili della città lo fischia durante la sua esibizione. Da li la decisione di non esibirsi mai più, per nessun motivo, a Napoli.

Nel 1902 comincia a incidere dischi, portando la canzone tradizionale napoletana in giro per il mondo.

Incontra nella sua carriera il compositore Puccini, che per lui ha scritto e musicato “La Fanciulla del West”. Intanto nella vita privata conosce la cantante Ada Giachetti Botti che sposa, avendo da lei due figli: Rodolfo e Enrico junior. Dalla donna si separa poi nel 1908.

Nel 1912 si opera di laringite nodulare, un problema non da poco per un cantante lirico. New York diventa, nel frattempo, la sua seconda casa, dove arriva un nuovo matrimonio nel 1918 con la giovane americana Dorothy Benjamin, da cui ha la figlia Gloria. Nel 1920 la sua ascesa artistica arriva al capolinea: gli viene diagnosticato un tumore ai polmoni. Per questo motivo prende la decisione di ritornare per sempre a Napoli, insieme alla seconda moglie, la figlia e il suo segretario. Nonostante i tentativi del professore Giuseppe Moscati di salvarlo, Caruso muore il 2 agosto del 1921 all'hotel Vesuvio, guardando il mare per l'ultima volta.