"Red Shoes" ("Zapatos Rojos", titolo originale) è stato presentato domenica 4 settembre nella Sala Giardino del Lido di Venezia, per la 79^ Mostra del Cinema, inserito in concorso nella sezione Orizzonti Extra.
Al termine della prima proiezione pomeridiana riservata a stampa e accreditati il pubblico ha già tributato l'applauso. Poi la presentazione ufficiale, avvenuta nella serata, è stata preceduta da una installazione dedicata all'arrivo dell'artista messicana Elina Chauvet, ideatrice del movimento delle scarpe rosse che rappresentano il simbolo della lotta contro ogni forma di violenza e di abuso maschile sulle donne.
Il film è diretto da Carlos Eichelmann Kaiser, autore della sceneggiatura insieme a Josè Garcias e Adriana Gonzales, e affronta il tema del femminicidio in modo sommesso e velato. Il regista infatti spiega che l'intenzione narrativa si è concentrata sullo sviluppo di un dramma sottile e implicito, grazie anche all'interpretazione degli attori Eustacio Ascacio e Natalia Solian.
Una pioggia che inquieta
Le prime immagini del film [VIDEO] mostrano un'auto che attraversa una strada isolata durante un violento temporale. A bordo ci sono tre donne, una regge in mano un paio di scarpe rosse, le altre due sono intente ad osservare il loro smartphone e alla guida, anche se non si vede chiaramente, c'è un uomo.
La scena poi si sposta in un misero ambiente rurale del Nord del Messico, dove un vecchio padre apprende una sconvolgente notizia che lo spingerà a partire per la città in cerca di verità, soprattutto su se stesso. Troverà un ambiente insidioso e sarà vittima di una pesante aggressione durante un'altra terribile serata di pioggia.
A sostenerlo e confortarlo c'è una giovane amica, i due si riveleranno segreti inconfessabili ricomponendo attraverso il loro dolore il filo di dialoghi recisi con i loro cari.
È frequente la scelta dei primi piani sugli attori i cui volti raccontano rassegnazione, rimpianto, emozioni nascoste in una fissità silente molto espressiva.
Curatissimo è l'aspetto degli effetti visivi e della fotografia che attraverso campi lunghi di ripresa si dilatano sugli orizzonti di una desolata campagna messicana e scorrono con carrellate più veloci fra la folla brulicante e la morsa frenetica della capitale.
Il film sembra voler interpellare lo spettatore attraverso le immagini, più che commuovere o indignare vuole descrivere, soprattutto le stridenti contraddizioni di un Paese che sopravvive nella sua frantumata immensità. L'angolo visuale della storia, ugualmente, non è quello della vittima ma quello di un padre che soffre per l'assenza della figlia.